Festa grande al Museo ricordando Šebesta

di Daniele Benfanti

Il Museo degli usi e costumi di San Michele all’Adige chiama a raccolta i trentini per festeggiare il suo cinquantesimo compleanno.

La festa sarà domenica prossima, 11 novembre, a ingresso gratuito, con un ricco carnet di appuntamenti dalle 10 del mattino alle 18. La giornata è dedicata al fondatore, l’etnografo di origine boema Giuseppe
Šebesta, del quale l’anno prossimo cadrà il centenario della nascita. «Abbiamo mutuato la dedica di una giornata al fondatore - precisa Giovanni Kezich, direttore del Museo - prendendo esempio dalla tradizione anglosassone e francese».

Potrebbe diventare un appuntamento fisso, anche a prescindere dai «compleanni» a cifra tonda? «Non mi dispiacerebbe - si sbilancia Kezich - anche se dobbiamo fare i conti con le risorse limitate. Da indagare su Šebesta ce n’è per sempre. Abbiamo trenta cassette con i suoi archivi».
Ma che figura era Šebesta? «Fu considerato un eclettico, eccentrico, indefinibile, apolide, per tre quarti boemo ma per tre quarti anche trentino» continua Kezich.

Quello che rivendica la direzione del Museo è di non aver mai deviato troppo dalla strada maestra tracciata dal fondatore: nello stile degli allestimenti, nel metodo di ricerca, nella filosofia museale. «Šebesta non fu profeta in patria - osserva con una punta di amarezza Kezich - e l’importanza e l’originalità del Museo della gente trentina di San Michele forse non sono mai stati completamente filtrati nel tessuto socio-culturale trentino.
Non ho dubbi a mettere Šebesta sul podio di chi ha saputo pensare e realizzare un museo etnografico di prim’ordine, insieme al francese Georges Rivière a Parigi e a Henry Balfour del Pitt-Rivers Museum di Oxford».

Dall’idea all’inaugurazione del museo ci vollero due anni. Il 5 novembre del 1968, con un investimento di dieci milioni di lire, nell’ex convento degli agostiniani veniva aperto il museo, fortemente voluto dal presidente della Provincia e senatore Bruno Kessler.

Nei suoi scritti etnografici Šebesta rilevava come l’interesse di pochi e illuminati appassionati nei confronti degli usi e costumi dei raggruppamenti umani si scontrasse con la passione dei principali musei europei per l’etnografia esotica. Nel «suo museo» il fondatore volle la storia della cultura materiale e spirituale della gente trentina dall’anno mille in poi. Quella data era una cesura tra mondo barbarico e rinascita. Un anno zero. Da lì in poi si rinnovò la tradizione molitoria (nei mulini arrivò la ruota ad acqua), si diffuse la tessitura orizzontale, nacquero le fucine a sfruttare il lavoro minerario, «nuovi arnesi» permisero di «aggredire» il bosco.

Lo sfruttamento della terra, la lavorazione del legno e della pietra, gli spazi della casa contadina, i riti religiosi, le forme d’arte, la nascita e la morte sono le grandi pagine dello spartito etnografico disteso da Sebesta nelle sale del museo.

Domenica ci saranno laboratori, visite tematiche e interattive, musica e spettacoli, ispirati a scritti, impostazioni, interessi del fondatore. Quinto Canali, uomo di cultura e amministratore a Brentonico, riconosce al museo un ruolo «umanistico» capace di aggiornare quell’identità in divenire che è frutto di contaminazioni tra luoghi e uomini.

Domenica, con il coro di voci miste «Anthea», proporrà un repertorio musicato di sestine e quartine in endecasillabi di canti popolari raccolti nell’Ottocento dal folklorista Albino Zenatti. Il burattinaio Luciano Gottardi presenterà invece uno spettacolo di burattini (fedeli agli originali creati da Šebesta) ispirato alle fiabe tratte da «Le dita di fuoco», volume per l’infanzia (ma non solo) scritto da Šebesta e illustrato con foto di burattini tridimensionali: «Sono fiabe esili, agili - anticipa Gottardi - ma con una straordinaria ricchezza linguistica e grandi mondi fantastici».

Ci saranno anche gli zattieri del Piave (il museo omonimo fu fondato sempre da Šebesta), il folklore mocheno, tanto studiato dall’etnografo boemo, dimostrazioni al telaio, rappresentazioni grafiche computerizzate di storie e leggende raccolte da lui (a cura del computer designer Andrea Foches) e un insolito Šebesta a fumetti disegnato da Fulber.

Il museo sta anche preparando un volume celebrativo sui primi cinquant’anni della propria attività.

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