Al Muse le «Pietre che ci parlano»

È stata inaugurata al Muse la mostra «Pietre che ci parlano», l’esposizione delle sculture dell’artista trentino Paolo Colombini che - da alcune settimane - ha trovato posto al Museo delle scienze di Trento e nel prato esterno.

«Pietre che ci parlano», a cura del critico Alberto Mattia Martini, rappresenta l’ultimo tassello del programma di eventi e installazioni en plein air che arricchisce la programmazione del Museo delle Scienze di Trento fin dalla sua inaugurazione, grazie a progetti artistici, soprattutto di tipo scultoreo, che interpretano la natura e la scienza attraverso lo sguardo poetico ed evocativo dell’arte.

Orsi polari che si liberano dai graniti dell’Adamello, fiori che sbocciano da quelli che furono i fiumi di lava del Lagorai, corpulenti animali intrappolati nel quarzo di Cima d’Asta che piangono lacrime di ruggine. E ancora, frammenti di storia nelle brecce vulcaniche della Valsugana e delicati cristallizzati nei porfidi di Calamento: per l’esposizione Colombini ha scelto rocce di natura locale, proponendo al visitatore un viaggio nella geografia e nella storia geologica del Trentino.

I grandi blocchi di quarziti dell’Adamello e i levigati ciottoli porfirici della Valle dei Mocheni utilizzati per le sculture sono materiali che discendono da un medesimo ambiente genetico: gli antichissimi margini del continente africano del quale il Trentino - e le sue montagne - geologicamente fanno ancora parte.
Le pietre osservate e custodite dall’artista sono blocchi staccatisi dai margini tormentati di quelle montagne, mute testimoni di una storia unica e millenaria. Nel loro cuore, Colombini ha cercato le fasi aggregative vecchie di centinaia di milioni di anni e ha riconosciuto gli eventi che le hanno condotte a noi: il lungo viaggio dalle cime ai fondivalle trentini, il paziente lavorio del ghiaccio e quello dell’acqua.

«Fin da bambino - spiega Colombini - la natura mi ha emozionato. Con il tempo si è offerta donandomi la possibilità di esprimermi e darle, a sua volta, espressione attraverso le mie rappresentazioni. Ho scelto la pietra, più vicina al mio mondo e alle mie sensibilità. Cerco di conservare il suo aspetto più naturale, di interpretarne le forme più che scolpirle.
Il mio intervento è portare a termine il messaggio che la natura voleva comunicare».

Le opere di Colombini, secondo il curatore, sono testimoni del tempo, elementi imperituri e parte integrante del mondo naturale e quindi, inevitabilmente, anche testimonianza della storia dell’uomo. Le opere di Colombini possiedono una forte potenza energetica, assunta dal tempo, dai secoli trascorsi in una simbiosi continua con madre natura e spesso in stretta connessione con la vigoria propositiva dell’acqua.
Queste pietre possiedono pertanto un’anima, che genera benessere fisico, mentale e spirituale.

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