Da Canaletto a Tiepolo l'Italia a Mosca

Il Canal Grande di Venezia, con il brulicare di gondole e mercanti. Sullo sfondo si riconoscono il campanile di San Marco e il Palazzo Ducale, mentre in festa rientra il Bucintoro dopo lo sposalizio con il mare nel giorno dell'Ascensione. Canaletto, il maestro delle vedute, lo dipinse tra il 1727 e il 1729, olio su tela. Oggi è il manifesto della lunga estate dell'arte italiana a Mosca, opera simbolo della mostra Da Tiepolo a Canaletto e Guardi, che fino al 14 ottobre porta i grandi maestri veneti del secolo illuminista nelle sale del prestigioso Museo Pushkin.

Un ideale viaggio attraverso la scuola pittorica che in epoca rinascimentale aveva già donato al mondo Tiziano, Tintoretto, Veronese e che nel XVIII secolo tornò a vivere una nuova fioritura consacrando Venezia come uno dei fulcri della vita artistica europea. Sfarzo, gusto decorativo, miti e paesaggi, al Pushkin i curatori Giovanni Carlo Federico Villa, direttore onorario dei Musei Civici di Vicenza, e Vittoria Markova, curatore capo della collezione di pittura italiana del Museo, hanno riunito per la prima volta in un unico spazio 57 opere, tutte note a livello mondiale (23 del Museo Civico di Palazzo Chiericati di Vicenza, 25 del Museo Pushkin e 9 delle Gallerie d'Italia - Palazzo Leoni Montanari).

Una nuova tappa nei rapporti culturali tra Russia e Italia che, dicono al Museo russo della Arti figurative, ''porterà a un nuovo livello la nostra collaborazione con i musei italiani''. Una piccola anticipazione, già il 20 luglio, è stata l'arrivo all'Ambasciata d'Italia a Mosca dell'Enea in fuga, ancora con l'elmo della battaglia in testa e l'anziano Anchise avvinghiato al collo di Giandomenico Tiepolo (Enea, Anchise e Ascanio), figlio d'arte del celebre Giambattista e nipote di Francesco Guardi. Organizzata da MondoMostre e, dopo Mosca, già attesa a Vicenza (a Palazzo Chiericati dal 30 ottobre), è proprio da Giambattista Tiepolo, il più insigne pittore italiano del Settecento, ultimo esponente del barocco e in qualche modo espressione più autentica dello spirito della Venezia del tempo, che parte il racconto. Si va dalla leggerezza di opere come l'Immacolata concezione o La verità svelata nel tempo alla drammaticità che irrompe ne La morte di Didone.

Un trionfo di movimenti e colori, che si ritrova anche nell'Olinda e Sofronia di Giambattista Pittoni. Intanto però, a Venezia scoppia la moda delle ''vedute''. Ritratti di Canali, piazze, mercati, monumenti iniziano ad aprire ideali finestre nei salotti di ogni ricco e nobile signore d'Europa. Ecco allora Canaletto, vera star del genere, cogliendo la strada tracciata da Luca Carlevarijs (in mostra la sua Verona) immortala il volto e l'atmosfera irripetibile di Venezia, della sua vita quotidiana e delle sue feste. Francesco Guardi (Fantasia architettonica con arco gotico in rovina, Veduta della Piazzetta a Venezia) invece, rilegge la sua città senza puntare all'esattezza dei particolari, ma mescolando realtà e invenzioni. Nasce il ''capriccio''. Tra le piazze europee di Bernardo Bellotto (che del Canaletto era nipote) o i ritratti di Giovanni Battista Piazzetta, anche la vita quotidiana dei veneziani nel XVIII trova il suo cantore. E' Pietro Longhi, maestro della pittura di genere. E così, appuntamenti segreti, scenette di strada, persino Il gioco della pentola, nei suoi schizzi diventano momenti degni di quadri e ritratti.

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