I Kaiserjäger in Marmolada, diari e foto con Girotto

Una guerra di granate e fucili, di rocce e camminamenti, con la neve che incombe sui soldati e i portatori. Le vicende del primo conflitto mondiale in Marmolada, dall'autunno del 1915 alla primavera del 1916 - il periodo meno studiato del tratto di fronte più alto delle Dolomiti - dopo cent'anni riaffiorano dalla storia. Sono testimonianze dirette e immagini originali di quel primo inverno di guerra, le memorie di un combattente austro-ungarico, Fritz Malcher, raccolte in una accurata ricostruzione realizzata da Luca Girotto, autore di molte opere sulla «Grande guerra» che non ha bisogno di presentazioni.

Tutto è nato da due quadernetti rilegati in tela, fittamente scritti a matita, e da un album fotografico. Memorie scritte da Malcher per i familiari e gli amici, e che agli occhi esperti di Girotto si sono subito rivelate un «tesoro», la fonte ideale per raccontare, e illustrare con foto originali, quella guerra combattuta contro il nemico italico, i «Wälschen», ma anche contro la neve e il gelo. Girotto ha sapientemente inquadrato le memorie nel contesto strategico più ampio del fronte e, ordinando gli scritti, ci consegna nel suo nuovo libro 1915-1916 Kaiserjäger in Marmolada (240 pagine, edizioni Dbs Zanetti di Seren del Grappa, Belluno, 13 euro) un racconto vivo, di parte tirolese-imperiale, della guerra combattuta da pochi uomini tra le vette più belle delle Dolomiti, montagne che fino a qualche mese prima erano il prediletto «terreno di gioco» di un turismo internazionale.

Ecco così che il Dolomiten Hotel di Canazei, dopo aver ospitato un ospedale da campo, diventa la sede del comando della 179ª Brigata di fanteria, mentre di fronte al sontuoso Karersee Hotel (ci aveva soggiornato anche la principessa Sissi) si accampano i soldati. Il racconto di Malcher fa rivivere le battaglie di quel primo inverno cruento, l'occupazione di Punta Penia e dei crinali oltre quota tremila, l'apprestamento delle difese sotto il tiro della Regia artiglieria, il freddo e gli stessi protagonisti della difesa, Standschützen tirolesi e soldati germanici dell'Alpenkorps.

Ma le sue testimonianze si focalizzano spesso sui rapporti umani, sulle sofferenze, prima di diventare un'analisi più distaccata dei fatti e delle strategie. Il libro si legge con crescente interesse e colpisce anche per le quasi 250 foto in gran parte inedite di Fritz Malcher, architetto e Alpin Referent nativo di Baden, vicino a Vienna, al quale venne affidato il compito di organizzare la prima difesa della Marmolada. Come Landsturmingenieur , Malcher venne inviato sul fronte dolomitico alla fine dell'agosto 1915 e, prima in treno e poi per la strada della Val d'Ega, raggiunse Carezza.

Nell'ottobre gli fu assegnato il compito di consulente alpino - inquadrato nella sezione alpinistica dell'ufficio tecnico della 90ª divisione - nel tratto di fronte della Marmolada e di Passo Fedaia che i comandi non avevano ritenuto di dover fortificare. Cime e ghiacciaio erano così stati affidati agli Standschützen - reclutati nelle valli - e ai battaglioni della leva di massa, Landsturm, rinforzati da reparti del Deutschen Alpen Korps.

Con l'occupazione di Forcella Marmolada e della cresta sommitale della «Regina», nella primavera del 1916 la linea difensiva asburgica viene completata, chiudendo ogni falla, e rifornita da teleferiche e salmerie incanalate su sentieri attrezzati. La successiva occupazione del ghiacciaio della Marmolada porterà Malcher a iniziare quel lavoro che il suo successore, l'ingegner Leo Handl , svilupperà sapientemente: la «città di ghiaccio» con le sue gallerie al riparo dal tiro nemico.

«E ora - scrive Malcher - il nemico ha completamente occupato la Forcella Serauta avanzando fino alle rupi di Punta Serauta e controllando così tutti gli accessi al ghiacciaio; e non c'è possibilità alcuna di scacciarlo da quella posizione. Solamente di notte è possibile far affluire i rifornimenti e il cambio per la truppa di presidio a Dodici, Undici e rocce Serauta; ed anche col buio sono frequenti, dolorose e gravi, le perdite. La situazione che avevamo cercato di instaurare con l'occupazione di Punta Penia e della cresta della Marmolada è stata capovolta dall'improvvida mossa di quei Comandi superiori che ragionano solo sulle mappe e al caldo degli alloggi di retrovia: siamo noi ora a dover attraversare faticosamente il ghiacciaio sotto lo sguardo e il tiro degli italiani...».

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