Nuova accusa di strupro per il regista Polanski

Quarantaquattro anni dopo, Valentine Monnier non ce l’ha fatta più a tacere. E a convincerla a parlare è stato proprio l’ultimo film di colui contro il quale oggi punta il dito, Roman Polanski. Aveva appena 18 anni, dice Valentine, quando lui la stuprò, «con estrema violenza».

Lei era una giovane fotografa, modella, saltuariamente attrice. Molto bella. Oggi, a Le Parisien, racconta tutto.
«Nel 1975 - ha scritto in un testo dopo aver più volte chiesto sostegno a personalità come Brigitte Macron o la ministra Marlene Schiappa - fui violentata da Roman Polanski. Non avevo alcun legame con lui, né personale, né professionale e lo conoscevo appena. Fu di estrema violenza, dopo una discesa in sci, nel suo chalet a Gstaad, in Svizzera. Mi colpì, mi riempì di botte fino a quando non opposi più resistenza, poi mi violentò facendomi subire di tutto. Avevo appena 18 anni».

Perché l’ultimo lavoro di Polanski, «J’accuse», l’ha spinta a uscire allo scoperto? Dopo aver ricevuto sempre risposte evasive o di impotenza da un punto di vista giudiziario vista la prescrizione dei fatti, ha deciso di rivelare tutto a Le Parisien: «Il ritardo di reazione non significa che si è dimenticato - dice - lo stupro è una bomba a orologeria. La memoria non si cancella, diventa fantasma e ti insegue, ti cambia insidiosamente. Il corpo finisce spesso per risentire di quello che la mente ha tenuto in disparte, fino a quando l’età o un avvenimento di rimette di fronte al ricordo traumatico».

Nel film, Polanski mette in scena l’errore giudiziario per antonomasia, la storia del capitano Alfred Dreyfus: «è sostenibile, con il pretesto di un film, nascondendosi dietro la Storia, sentir dire J’accuse da colui che ti ha marchiato a fuoco, mentre a te è vietato, a te vittima, di accusarlo?».

Figlia di industriali alsaziani, Valentine all’epoca dei fatti aveva appena preso la maturità e decise di andare a festeggiare in montagna con amici, ospiti di Polanski.

Valentine racconta che Polanski le chiese molto chiaramente se volesse fare sesso con lui durante una risalita in seggiovia. Lei rispose di no, poi la sera cenò con lui in un ristorante dal quale si sarebbe tornati scendendo lungo la pista con le fiaccole. Nello chalet, Polanski la chiamò e quando lei uscì sul pianerottolo cominciò la sua furia: botte, colpi, una pillola che le fece ingoiare prima di violentarla: «ero totalmente sotto shock, pesavo 50 chili, Polanski era piccolo, ma muscoloso e, a 42 anni, nel pieno delle forze: ebbe la meglio in due minuti. Mi dissi: ma è Roman Polanski, non può rischiare che si venga a sapere, quindi mi dovrà uccidere». Poi, arrivarono le scuse del regista, in lacrime, con lei che promise di non dire niente.

Polanski, 86 anni, è stato condannato nel 1977 per violenza sessuale su minore negli Stati Uniti, paese nel quale non può tuttora rientrare. Sua moglie, Sharon Tate, fu uccisa da una setta guidata da Charles Manson nel 1969 negli Stati Uniti, mentre era incinta. Attualmente vive in Francia con la sua ultima moglie, l’attrice Emmanuelle Seigner, dalla quale ha avuto due figli.

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