Ragni di Lecco, insieme

Ragni di Lecco, insieme

Non sempre chi è tecnicamente un grande alpinista è capace di condividere la sua passione con gli altri. Per entrare nei Ragni della Grignetta di Lecco occorre avere spirito di gruppo, capacità di coesione, senso di squadra. È questa una delle ricette del successo dei Ragni che da 70 anni inanellano una vetta dopo l'altra. Alcuni di loro, Matteo Della Bordella (foto in alto), Luca Schiera e Matteo De Zaiacomo saranno stasera alle ore 21 al Teatro Sociale con il presidente Fabio Palma per il Trento Film Festival.
Presidente Palma come portano avanti i Ragni di oggi la tradizione? 
«Il gruppo ha la fortuna di vivere un periodo molto attivo sulla base delle imprese d'un tempo. La loro memoria viene rivalutata dal presente con degli alpinisti di livello mondiale, quelli che saranno a Trento (Della Bordella è nome affermato ormai). È in loro che rivive la memoria di Casimiro Ferrari (foto in basso sul Cerro Torre) o Carlo Mauri . Certo: settanta anni sono tanti. Ci sono stati periodi più o meno intensi. Non tutte le generazioni si sono potute esprimere come quella attuale. Nello stesso tempo abbiamo percorso varie fasi dell'alpinismo».
Com'erano i ragni alla nascita? 
«Era l'immediato dopoguerra. Scarse le attrezzature, lo stile era quello della conquista, termine molto in voga allora. Cercavano una rivincita interiore e pubblica. All'inizio si andava in tanti. Poi sempre meno. Oggi si sale in due, tre al massimo. Nel mondo sono rimaste da scalare tantissime pareti: le più difficili! Per questo il nostro gruppo ripercorre in piccolo quel che è stato l'alpinismo in questi settanta anni».
Voi portate avanti un alpinismo «corale»? 
«Credo rimanga la nostra caratteristica: come tante discipline l'alpinismo è fortemente individuale, con degli obiettivi ambiziosi. Ma poi ci si lega in cordata: non sei mai da solo, tranne rare eccezioni. Noi restiamo un gruppo, dove tante sensibilità devono andare d'accordo. Nella nostra storia non sono mancati i periodi di contrasti, ma anche momenti di grande unione. Riusciamo ad essere oggi molto coesi perché gli obiettivi sono condivisi».
Il segreto del successo attuale? 
«Non saprei dire: funziona! Tutto qui. Potrei azzardare dei motivi di vanto. Ma la realtà è che si sono uniti tutta una serie di fattori come la preparazione tecnica dei ragazzi e la coesione».
Come si entra nei Ragni? 
«Un aspirante Ragno deve essere presentato da altri soci, poi valutato da una commissione tecnica e infine votato dall'assemblea. Sono tre passaggi molto severi. Ci sono stati periodi in cui entrarono soci con requisiti non elevatissimi. Ora è un periodo in cui è richiesto un livello tecnico molto alto».
La tecnica è il più importante requisito? 
«Bisogna avere anche una grande capacità di vivere in gruppo. Una persona che non sa fare gruppo potrebbe minare la coesione. Non sempre un grande in una disciplina è capace di condividerla con gli altri. Un Ragno deve avere il 70% di capacità tecnica, altrimenti non può stare dentro un gruppo d'alto livello come il nostro. Il resto sono le capacità umane e di relazione».
Uno come Messner come lo vedrebbe nei Ragni? 
«Bene. Lui è stato un visionario. Ha fatto delle solitarie: ma ha scalato in coppia, è stato capo spedizione. Infine è un grande comunicatore e ci sa stare con la gente».
Due delle imprese che ricordate più volentieri? 
«Il Cerro Torre del 1974 e la Ovest della Egger del 2013. Poi citerei il Mc Kinley del 1971 quando diventammo famosi e lo stesso presidente Usa J.F. Kennedy ci mandò un telegramma per complimentarsi. Tornando alle due imprese: sono state entrambe delle epopee. Ci volle molto tempo prima di arrivare sulla vetta, con molti rischi».
Tra i Ragni del passato, chi è il vostro spirito guida?
«Credo Casimiro Ferrari. Lui incarna sia la forza che la tenacia fisica dei Ragni di Lecco. Meno famoso degli altri. Molto chiuso, non un grande comunicatore, anche burbero. Però ha aperto più di dieci vie in Patagonia. Dal punto di vista tecnico e fisico ci rappresenta tutti quanti».
Lei presidente è ingegnere nucleare: quale collegamento con l'alpinismo? 
«L'ossessione per l'ignoto. Da sempre ho avuto passione per le cose complicate e misteriose. Alpinismo e fisica nucleare sono entrambe discipline difficili e da esplorare. Alla ricerca di soluzioni al mistero».
Una ricerca spirituale? 
«La montagna si presta molto alla ricerca interiore, soprattutto se non è la montagna delle masse di turisti».
Ci sono «Ragne»? 
«Una sola: Giovanna Pozzoli . Non per maschilismo. Solo ultimamente in Italia si vedono ragazze affacciarsi al nostro tipo di alpinismo. Speriamo ne arrivino tante altre».

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