Luca Bono stasera a Trento con lo show "L'illusionista"

di Fabio De Santi

Lo scorso anno Luca Bono ha conquistato il pubblico di Trento con un doppio show nel segno de "L'illusionista" e stasera, sabato 13 aprile, il giovane talento della magia italiana torna in scena all'Auditorium (ore 21; biglietti ancora disponibili). A curare il progetto di produzione dello show di Luca Bono, lo ricordiamo, anche Pino Putignani con Piattaforma Eventi. Uno spettacolo quello di Luca Bono, pupillo del grande trasformista Arturo Brachetti, giocato su grandi illusioni, close up, manipolazione e coinvolgimento del pubblico come ci racconta l'artista piemontese in questa intervista.

Bono, per lei è un ritorno a Trento dopo il successo Del 2018: che effetto le fa?

"Lo scorso anno è stato un po' un esperimento: Trento insieme ad altre 3 città (Milano, Roma e Bologna) è stata il "banco di prova" dello spettacolo, visto che era la prima volta fuori da Torino, dove gioco in casa. Tornarci è una grande soddisfazione, significa che lo spettacolo è piaciuto, c'è stato il passaparola e un nuovo pubblico aspetta di vedermi".

Cosa c'è di nuovo in questo "L'illusionista" che è un costante work in progress?

"Lo show gira ormai da un anno e mezzo, ogni replica è diversa dall'altra, anche perché in diversi momenti viene coinvolto il pubblico. Pertanto, anche se il canovaccio è abbastanza stabile, lo spettacolo evolve e matura, quindi ci sono diverse cose nuove anche se non bisogna aspettarsi qualcosa di totalmente diverso da quello dello scorso anno".

Quant' è difficile portare il pubblico nel suo mondo "magico" in un'epoca in cui pare tutto svelato ormai?

"Nel mondo della magia si è visto tutto, ma la meraviglia e lo stupore nascono dal modo in cui i giochi e gli effetti vengono proposti. Oggi la tecnologia consente di spettacolarizzare gli effetti ed aumentare le possibilità di creare stupore. Ad esempio un grande classico come l'apparizione di una colomba, l'ho modificato anche grazie ad elementi tecnologici così da riuscire a trasformare una colomba virtuale all'interno di un monitor in una colomba vera. Credo però che non si debba abusare della tecnologia: l'elemento umano deve rimanere il cuore dello show".

Arturo Brachetti è un po' il suo mentore: qual è il consiglio più importante che le ha dato?

"Quando abbiamo scritto lo spettacolo Brachetti è stato prezioso nel consigliarmi di creare uno spettacolo di magia che non fosse una sequenza di trucchi privi di collegamento con il solo obiettivo di stupire, ma che desse un senso preciso e una giustificazione ai vari giochi che diventano funzionali a una narrazione. Questo è il maggior insegnamento ricevuto da Arturo che per primo ha abbandonato la mera esibizione di virtuosismi a favore di una drammaturgia in cui l'illusione ha una componente importante".

Qual è l'aspetto che la diverte di più nel contatto con la gente?

"Al termine dello spettacolo ho l'abitudine di aspettare la gente che esce dallo spettacolo per firmare autografi o fare selfie. In quel momento mi rendo conto di quanto il pubblico sia trasversale e in sala siedono tutte le fasce d'età: è bello firmare l'autografo per un bambino di 6 anni e poi fare un selfie con un signore di 60. Non c'è età per lasciarsi incantare dalla magia".

Dietro a questo mondo sorprendente c’è un messaggio per il grande pubblico?

“Certo. Il mio spettacolo vuol essere anche un invito ai giovani a credere nei loro sogni e a seguire le proprie passioni. La vita mi ha insegnato che gli ostacoli possono rivelarsi opportunità di crescita. Allenamento, determinazione, motivazione possono fare superare gli ostacoli e far realizzare anche i desideri più impensabili”.

Tolto l’“abito” del mago chi è Luca Bono?

“Un ragazzo normale con una grande passione e un po’ di timidezza che grazie alla magia ha cercato di vincere. In realtà, ogni volta che il sipario si apre lasciandomi solo davanti al pubblico sento ancora tutta l'emozione dei primi spettacoli e la fragilità di un ragazzo di ventisei anni. E questa forse è anche la mia forza: l’autenticità che il pubblico avverte, l’empatia che si crea anche con i più giovani e il contrasto tra la mia “normalità” con la spettacolarità dei giochi che porto in scena”.

 

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