In Trentino il lavoro c’è ma è sempre più precario: male l'industria e il settore dei servizi
Tendenza in aumento dopo il Covid. I sindacati: "Continuare a puntare su incentivi a pioggia per i settori del turismo e del terziario a bassa produttività produce solo occupazione precaria e a basse retribuzioni. Bisogna utilizzare le risorse pubbliche per sostenere la crescita dimensionale delle imprese, gli investimenti in innovazione e i settori a maggior valore aggiunto che possono qualificare i posti di lavoro"
TRENTO. Il lavoro c'è, ma è sempre più precario. Ed è sempre più concentrato sui settori a minor valore aggiunto, come commercio e turismo. Il che - ormai è arcinoto - non fa bene alla tenuta dei salari. A dirlo sono i dati sull'occupazione relativi ai primi sette mesi, che fanno emergere, per la prima volta dopo tanto tempo, una tendenza negativa per quanto riguarda l'industria. Da qui la preoccupazione dei sindacati, che parlano di deciso deterioramento del mercato del lavoro, se si guarda al breve ma più ancora la dinamica è evidente sul medio periodo. Da qui la richiesta di un cambio di rotta nelle politiche pubbliche.
Le cifre
Ogni ragionamento non può che partire dai numeri. Gli ultimi disponibili sono come detto quelli da gennaio ad agosto 2025 che, per la prima volta, fanno emergere una tendenza in negativo, su alcuni settori. Se infatti crescono in generale i nuovi contratti - passati da 92.465 l'anno scorso a 95.039 quest'anno, quindi con un delta positivo di oltre 10mila contratti (11,9%), ma non crescono in modo uniforme in tutti i settori dell'economia. In particolare vive un ulteriore momento espansivo il mondo del turismo (i pubblici esercizi hanno visto oltre 600 assunzioni in più, rispetto al 2024) e nel commercio, dove si è registrato un +171 nuovi contratti, ma anche nell'agricoltura (+1.348 assunzioni).
Settori quindi che non avrebbero bisogno di grandi spinte esogene: i bilanci a fine stagione parlano ormai dal 2020 di presenze record ogni anno rispetto al precedente e le assunzioni sono in aumento costante dal 2019 ad oggi. Di contro, e questa è la vera nota dolente, c'è una flessione evidente nell'industria. Si sono persi in questi 7 mesi 450 nuovi contratti, mentre aumentano (sul 2024) gli assunti nei servizi alle imprese: quasi 200 contratti in più.
La tendenza medio termine
Se si guardano numeri allargando l'orizzonte all'epoca pre Covid, qualche brutta sorpresa c'è. Non solo la tendenza, sull'industria, è pure peggio, ma investe anche il settore dei servizi: a fronte di tutti gli altri comparti in aumento - +17,4% in agricoltura, +9,7% nelle costruzioni, +10,4% nel commercio, +15,3% pubblici esercizi, +20,4% altri servizi, calano in modo drastico l'industria (-11,3% sui 6 anni e i servizi alle imprese -6,1%). In sintesi brutale, le fragilità del nostro tessuto produttivo - tradizionalmente sbilanciato su settori a basso valore aggiunto - negli ultimi sei anni si sono ampliate e in modo evidente. Ma c'è di peggio, a ben guardare. Perché se si spulciano i contratti, distinguendoli per tipologie, emerge una precarizzazione del lavoro abbastanza evidente.
C'è, oggettivamente, un aumento generale dei contratti, che fanno segnare un +11,9%, raccontando di una terra dove lo spettro della disoccupazione, che tanto aveva angosciato le famiglie trentine nel post 2008, è ormai un ricordo appannato. Ma i nuovi contratti sono sempre più spesso precari. Sono calati i contratti stabili (-4,7%), soprattutto per effetto del crollo dell'apprendistato (-24,3), mentre sono aumentati i contratti a termine (+14,7%), sia a chiamata che determinato, con quest'ultimo che è schizzato del 18,7%.
L'allarme dei sindacati
Sia sul 2025 che guardando i trend di medio periodo, i sindacati non sono tranquilli. «In pratica - ricordano allarmati i sindacalisti di Cgil Cisl Uil del Trentino - oggi rispetto al 2019 registriamo 10.100 contratti in più, ma ben 10.700 sono i contratti precari addizionali registrati nei primi sette mesi dell'anno. Ciò significa che l'occupazione aggiuntiva registrata rispetto a sei anni fa è praticamente solo a termine». L'occupazione precaria, secondo i sindacati, si concentra nel settore primario e terziario, in particolari nei settori del turismo e dei pubblici esercizi che negli ultimi sei anni hanno registrato avviamenti in crescita del 15,3%, secondi solo a quelli degli altri servizi.
«È la prova - ribadiscono Andrea Grosselli (Cgil), Lorenzo Pomini (Cisl) e Walter Largher (Uil) - che serve un cambio di rotta delle politiche economiche da parte della Giunta provinciale. Continuare a puntare su incentivi a pioggia per i settori del turismo e del terziario a bassa produttività produce solo occupazione precaria e a basse retribuzioni. Bisogna utilizzare le risorse pubbliche per sostenere la crescita dimensionale delle imprese, gli investimenti in innovazione e i settori a maggior valore aggiunto che possono qualificare i posti di lavoro».