Dalle cooperative al destino della globalizzazione: i confronti a Trento
Un'altra giornata densa di dibattiti al Festival dell'economia, oggi, sabato 24 maggio, segnata ancora dall'arrivo di vari ministi (da Salvini a Ciriani) e dalle polemiche tra Lega e FdI sul caso terzo mandato e giunta provinciale
CIRIANI Su terzo mandato e caso Gerosa: risponderemo agli schiaffi di Fugatti
SALVINI "Legittimo che Trento decida in autonomia sul terzo mandato"
TRENTO - Si è parlato molto anche di cooperative, oggi, nella terza giornata del Festival dell'economia, che ha visto passare a Trento altri ministri dell'attuale governo, da Matteo Salvini a Luca Ciriani, così come ex premier quali Romano Prodi e Stefano Gentiloni.
"No all'omologazione d'impresa. Quando si misura la capacità di impresa c'è una differenza tra le imprese cooperative e quelle di capitale. L'Europa non ha ben chiara questa distinzione e propone uno standard unico. Occorre passo in avanti per rispettare le specificità", ha detto Ericka Costa del dipartimento di economia e management dell'Università di Trento intervenendo al panel "Dall'economia dell'io all'economia del noi" organizzato da Confcooperative.
"Va rivisto il sistema di valutazione dei bilanci delle cooperative che non possono essere equiparate alle altre forme d'impresa, perché la cooperativa reinveste gli utili per le generazioni future.".
Giuseppe Guerini, presidente di Cecop ha precisato che "Nel 2012 l'Onu ha lanciato l'anno internazionale delle cooperative dopo la crisi del 2008, per promuovere un modello di sviluppo diverso.
E di nuovo nel 2025, dopo crisi post pandemica, in cui le cooperative sono un modello di sviluppo che può contribuire ad abbattere le diseguaglianze. Un miliardo di persone nel mondo è socio di una cooperativa: il 12% della popolazione mondiale. 280 mln di persone lavorano in cooperativa. Fenomeno diffuso in tutti i continenti, pur se con differenze.
In Italia le cooperative operano in tutti i settori, ma il nostro Paese ha istituzionalizzato la cooperazione sociale di cui è un modello mondiale".
In un altro incontro, l'ex premier Romano Prodi ha affrontato i temi dell'evoluzione dello scenario economico mondiale: "La globalizzazione la vuole il più forte. Prima era più forte l'occidente e voleva la globalizzazione. Vent'anni fa su circa 200 paesi al mondo, 150 commerciavano più con gli Stati Uniti che con la Cina. Oggi, 20 anni dopo, 150 paesi commerciano più con la Cina che con gli Stati Uniti. Quindi la globalizzazione, che era il grande quadro di insieme in cui si inserivano gli Stati Uniti, oggi è un quadro in cui si inserisce meglio la Cina".
Quanto alla Ue, Prodi ha osservato: "Mi preoccupa moltissimo una battuta fatta dal cancelliere Merz in campagna elettorale: 'Francia e Germania e Polonia aiuteranno a costruire l'Europa futura'. Attenzione perché se l'Europa va a nord, nord-est e il Mediterraneo rimane fuori, diventa una brutta Europa. Per questo mi preoccupa l'ambiguità del governo italiano, un po' con Trump un po' con Bruxelles".
POLITICA
Anche oggi sono rimbalzati al festival le polemiche sulla questione del terzo mandato.
Rrimasta sola a difendere il terzo mandato dei governatori, la Lega spinge sulle Regionali in autunno.
Innanzitutto per tenersi la guida del Veneto, forte del "buon governo" di Luca Zaia radicato da decenni (è governatore dal 2010) e "riconosciuto a livello internazionale".
Da Trento è stato Matteo Salvini a pungolare gli alleati: "Ne parleremo nei prossimi giorni", è l'orizzonte che traccia sul futuro del Doge, dal palco del festival dell'economia di Trento. Una strada ardua per l'ex Carroccio, viste le poche chance di un nuova corsa di Zaia. Salvini lo sa benissimo, ma non molla. "Io non imporrò niente a nessuno", è la premessa associata però al mantra: "Se è vero che 'squadra che vince non si cambia', proporrò che ci sia continuità da questo punto di vista". Una continuità che passa dal vicolo stretto del terzo mandato. E lì la coalizione si divide.
Sul tema Salvini mastica amaro e ammette: "Ho capito che non lo vuole nessuno tranne noi, nessuno a destra e nessuno a sinistra". E prova a insistere: "Secondo me è un errore, è una sottrazione di democrazia". Cruciale, a questo punto, sarebbe un confronto fra i leader per mettere un punto fermo sui nomi dei candidati a quasi 5 mesi dalle elezioni, estate compresa. Il segretario leghista quindi incalza: "Conto che la scelta venga fatta in fretta per il Veneto, la Toscana, la Campania e la Puglia che vanno anch'esse al voto in autunno".
E fonti vicine al suo partito chiariscono che un confronto è possibile la prossima settimana. Sullo sfondo, ma non irrilevante, resta il nodo sui mandati dei governatori.
A certificare l'isolamento della Lega è il ministro Luca Ciriani di Fratelli d'Italia. Sullo stesso palco a Trento, poco dopo Salvini, il meloniano sentenzia che "due mandati ai massimi livelli sono sufficienti". E senza scomporsi per l'insistenza delle domande, silura l'alleato: "Non è un capriccio, non è qualcosa di inventato ai danni di Fugatti o Zaia".
Poi affonda il colpo con una replica puntuta al padrone di casa, il presidente della Provincia autonoma di Trento, il leghista Maurizio Fugatti: "Noi non possiamo prendere schiaffi e non fare nulla", preannunciando che "chi rompe paga e poi le conseguenze saranno tutte sue".
Parole che pesano dette dal meloniano che, con le sue critiche sulla sanità a Pordenone, la settimana scorsa ha innescato la crisi della Giunta friulana guidata dal leghista Massimiliano Fedriga. Ma se lì lo strappo degli assessori di Lega e Forza Italia che hanno ritirato le deleghe, dovrebbe essere superato (con una mozione di fiducia a Fedriga attesa a breve), in Trentino la ferita è ancora aperta. E brucia. Non solo quella provocata dal Consiglio dei ministri che - con l'unico 'no' della Lega - ha impugnato la legge della Provincia autonoma per allungare la corsa di Fugatti. Ma anche il rimpasto deciso due giorni dopo dal presidente togliendo la delega alla sua vice, Francesca Gerosa di FdI. Su entrambi i fronti nessuno dei contendenti, molla il colpo. Non l'ha fatto Fugatti che ieri ha denunciato "la scelta politica" fatta da "illustri esponenti del governo" nell'ostinato no al terzo mandato.
E non torna indietro, oggi, Ciriani. Il ministro nega che l'impugnativa del governo sia stata "una decisione politica contro qualcuno" e la promuove a "scelta tecnico-giuridica, inevitabile e sacrosanta per mettere al riparo la legge da una impugnativa indiretta e incidentale su cui i rischi sono altissimi".
Ma sembra quasi perdere il tradizionale aplomb contro la mossa di Fugatti anti Gerosa: "Noi non possiamo prendere schiaffi e non fare nulla". E affonda: "Il presidente Fugatti si mette il contro il governo, contro Fratelli d'Italia, e noi non è che staremo a guardare. Se se uno ti prende a schiaffi noi di guance ne abbiamo due, le guance le abbiamo finite". Dunque ribadisce: "Non possono esserci ripicche" e ricorda che "avevamo un patto e doveva essere mantenuto".