Il quadro / Prospettive

Economia verso la recessione: la preoccupazione dei sindacati dell’industria

Mario Cerruti (Cgil): “Diverse aziende ci hanno già avvisato che il ricorso alla cassa sarà molto probabile, a meno che non cambi la prospettiva da qui a breve”

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TRENTO. «Condivido il monito del governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco. L'ho sempre detto: un aumento dei tassi fino al 3% per cento era condivisibile, andare oltre secondo me, si mette a rischio l'economia, perché l'idea di contenere l'inflazione europea solo tramite l'intervento sui tassi si rischia di arrivare alla recessione».

Le parole del presidente nazionale di Confindustria Carlo Bonomi durante un incontro con l'Anci sul Pnrr, fanno capire qual è il rischio che stanno correndo l'economia italiana ed europea: quello di fermarsi per crollo dei consumi e della produzione.Un rischio che abbiamo provato a "monitorare" attraverso il sentiment dei sindacati rispetto al pericolo cassa integrazione.

«Si nota che da due-tre settimane a questa parte nelle imprese trentine sta calando la produzione» ammette Mario Cerruti della Filctem Cgil che segue i settori gomma, plastica, vetro, tessile ed energia.«Se il primo bimestre dell'anno è andato bene dal punto di vista della produzione, probabilmente perché le imprese dovevano ripristinare gli stock di magazzino, ora la situazione sta cambiando in peggio. Se la filiera dell'edilizia si sta fermando in attesa di capire come andrà a finire con il superbonus, anche i settori della gomma e della plastica stanno rallentando».

Per ora poche aziende hanno attivato la cassa integrazione - Cerruti cita solo la Fucine Film di Ossana e la Domo di Arco - ma spiega che per il momento tante imprese stanno gestendo il calo di lavoro con scarico ferie, flessibilità di orario e rimodulazione dei turni. «Diverse aziende ci hanno già avvisato che il ricorso alla cassa sarà molto probabile, a meno che non cambi la prospettiva da qui a breve - spiega il sindacalista -. Diciamo che per il momento è più il sentiment generale che non il numero delle ore di cassa integrazione richieste che ci fa dire che il rischio di rallentamento è dietro l'angolo. Siamo alla situazione che c'era l'autunno scorso quando per il costo dell'energia diversi stabilimenti si fermarono».

«Del resto - continua Cerruti - inflazione alta, tassi d'interesse in crescita e costo dell'energia che è ancora alto non sono fattori positivi per la ripresa dell'economia. Ora basta che si inasprisca la guerra in Ucraina o che cali il clima di fiducia in Germania per fermare tutto. Qui da noi anche la filiera dell'automotive – vuoi per la pandemia, vuoi per la questione del blocco alle vendite dei motori termici nel 2035 - non tira. Lo stesso nel tessile per abbigliamento e semilavorati, dove gli ordinativi sono visibilmente calati nell'ultimissimo periodo».

Il settore in cui la cassa integrazione è ormai realtà è quello delle cartiere. Per almeno 800 lavoratori sono scattate ore di stop negli stabilimenti delle varie aziende tra Riva del Garda, Arco, Varone e Condino. Le altre, malgrado la richiesta sia molto bassa, stanno lavorando, più che altro per fare magazzino in attesa della ripresa.«Il mercato della carta - conferma Lorenzo Pomini della Cisl - è bloccato. Se fino all'estate scorso c'era una frenesia generalizzata all'acquisto, in seguito c'è stato un forte rallentamento che sta continuando anche adesso: è stata comprata talmente tanta carta che adesso si fa fatica a smaltirla perché c'è meno richiesta. Inoltre, chi l'ha comprata a prezzi elevati quando la domanda era alta, ora stenta a venderla ai prezzi del mercato cono sono tornati giù».

L'affine settore della grafica non sta passando momenti tanto migliori. «Ancora non c'è tanta cassa integrazione, ma le ditte stanno tentando di parare il colpo finché sarà possibile facendo smaltire le ferie e organizzando corsi di formazione per i dipendenti. Certo che se va avanti così e le cartiere non ripartono, anche la grafica dovrà ricorrere agli ammortizzatori» spiega Norma Marighetti della Slc Cgil.

Prospettive migliori per il settore metalmeccanico, come conferma Michele Guarda della Fiom. «È vero che c'è un po' di rallentamento, ma nel metalmeccanico c'è ancora richiesta di personale. Pur essendo aumentati i costi le aziende riescono a girarli sui clienti perché esportando parecchio fuori dall'area euro sfruttano la debolezza della moneta unica e dunque sono molto concorrenziali».

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