Energia / Lo scontro

Tra Roma e Trento un braccio di ferro decisivo: in ballo le concessioni idroelettriche

Fugatti e Calderoli: due leghisti contro, loro malgrado. Il governo impugna la proroga delle concessioni, la Provincia continua a sperare nelle aperture del governo “amico”

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TRENTO. Due leghisti contro, su opposte barricate: da una parte Maurizio Fugatti, presidente della Provincia, dall’altra Roberto Calderoli, ministro per gli Affari regionali del governo dio Giorgia Meloni. Nel mezzo, oggetto del contendere, l’”oro bianco” trentino: le concessioni idroelettriche.

Il governo ha deciso di impugnare la legge provinciale del 7 dicembre scorso, con cui si è stabilita la proroga delle concessioni delle grandi derivazioni idroelettriche dal 2024 al 2029 in Trentino. Il governatore trentino replica con pacatezza, senza cercare lo scontro frontale: «L'impugnazione della legge sulle concessioni idroelettriche non ci soddisfa, ma rileviamo una non scontata volontà di apertura da parte del governo sul tema. Il nostro obiettivo è quello di arrivare ad una soluzione che permetta di sospendere l'impugnativa del Consiglio dei ministri». In ballo, una fetta importante del futuro dell’autonomia, che nello sfruttamento delle risorse idroelettriche ha sempre avuto un asset tra i più importanti dal punto di vista finanziario. Ma ecco cosa è successo.


LA LEGGE IMPUGNATA

È accaduto quanto doveva accadere: Il Governo ha impugnato la legge provinciale del 7 dicembre scorso, fortemente voluta dal presidente della Provincia, Maurizio Fugatti, e dal vicepresidente e assessore all'energia e all'ambiente, Mario Tonina, con cui si è stabilita la proroga delle concessioni delle grandi derivazioni idroelettriche dal 2024 al 2029 in Trentino a fronte di un piano industriale per migliorare produzione, stoccaggio, efficienza da parte degli attuali concessionari (13 concessioni sono di Hydro Dolomiti Energia, 3 di Primiero Energia, 2 Dolomiti Edison Energy, 1 Agsm Aim per un totale di 37 impianti).

L'impugnativa si deve al fatto che la Provincia ha legiferato su una materia di competenza statale perché riguarda la concorrenza, come la Giunta ben sapeva, avendo già ricevuto precedenti bacchettate da Roma, per altre norme sempre in materia di idroelettrico, così come sulle chiusure domenicali dei negozi. Ma pur consapevole di questo, il presidente della Provincia, Maurizio Fugatti, era convinto di poter correre il rischio, vista l'importanza del tema energia, contando di riuscire a trovare dal Governo "amico" la disponibilità a "graziare" la legge trentina. Il giorno prima del sì in consiglio provinciale, il governatore aveva infatti dichiarato: «La legge la approviamo così, poi iniziamo la trattativa».

La conclusione non è stata quella sperata, nonostante la disponibilità politica dimostrata da vari ministri del governo Meloni (soprattutto i leghisti). Il Governo non poteva però permettersi, avallando la legge trentina, di mettersi contro le disposizioni europee sulla concorrenza, soprattutto ora, che al rispetto di queste regole è legato l'ingente flusso di risorse europee del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) all'Italia.

Le prime dichiarazioni del ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli, rispecchiano il disagio, quasi il dispiacere del ministro leghista per aver «dovuto» impugnare la legge provinciale del Trentino. «Il Consiglio dei ministri - ha sottolineato infatti Calderoli - ha dovuto impugnare alcune disposizioni della legge della Provincia di Trento in materia di concessioni idroelettriche come atto dovuto nel rispetto delle norme europee. È stata inoltre decisa in Consiglio dei ministri la convocazione di un tavolo tecnico tra i ministri Calderoli, Fitto, Salvini e Pichetto Fratin per prevedere proposte che risolvano la problematica prima della discussione della impugnativa in Corte costituzionale».

Prima del Consiglio dei ministri, proprio il ministero per gli Affari europei, guidato da Raffaele Fitto (FdI), ha fornito un parere fortemente negativo sulla costituzionalità della normativa provinciale, così come il ministero dell'Ambiente (Pichetto Fratin), mentre il ministro delle Infrastrutture, il leader leghista, Matteo Salvini, sarebbe stato pronto a sfidare l'Europa su un tema così strategico, come è quello delle concessioni idroelettriche e la produzione di energia. Il ministro per lo Sviluppo Economico Adolfo Urso (FdI) già nel dicembre scorso aveva criticato la mossa della giunga Fugatti. In un'intervista all'Adige infatti aveva dichiarato: «Purtroppo mi risulta che la Provincia di Trento abbia già incontrato difficoltà sul piano costituzionale su questa complessa materia».

E aveva indicato una strada: «Pur nel rispetto delle prerogative dello Statuto di autonomia, mi sembrerebbe opportuno attendere l'approvazione della norma nazionale quadro sulle concessioni, che deve tenere conto dei nostri interessi nazionali sulla produzione idroelettrica. Sulle grandi concessioni idroelettriche (e non solo su queste) ci muoviamo su un terreno minato». 


LA POSIZIONE DELLA PROVINCIA

«L'impugnazione della legge sulle concessioni idroelettriche non ci soddisfa, ma rileviamo una non scontata volontà di apertura da parte del governo sul tema. Il nostro obiettivo è quello di arrivare ad una soluzione che permetta di sospendere l'impugnativa de Consiglio dei ministri». Così, il presidente della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti, intervenendo sul tema in conferenza stampa.

«L'impugnativa è dettata dai criteri europei sulla concorrenza, anche in relazione all'arrivo di una tranche del Pnrr. Auspicio è che da tavolo di confronto emerga una mediazione, anche perché delle aperture tecniche noi le abbiamo trovate», ha aggiunto Fugatti. A quanto riferito dal presidente della Provincia, la "ratio" della legge è quella di legare il piano industriale a delle ricadute socio-economiche. «Il tentativo di dare risposta al sistema trentino, da parte nostra c'è stato. Ora sulla legge si esprimerà la Corte costituzionale, vediamo se con governo si riuscirà a impostare un discorso migliorativo», ha concluso Fugatti.

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