Economia / Il tema

Diseguaglianze di reddito, carovita, salari e pensioni. I sindacati a Draghi: ora misure strutturali, basta con i bonus

Nel giorno del confronto fra il premier Draghi e i sindacati su un possibile "patto sociale", fa discutere il Rapporto Inps che evidenzia anche la precarietà occupazionale: un dipendente su quattro guadagna meno di 780 euro al mese. E un giovane a 9 euro lordi l'ora avrebbe una pensione di soli 750 euro. Nell'incontro con Cgil, Cisl e Uil, il governo ha promesso un decreto a sostegno del potere di acquisto di lavoratori e pensionati

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TRENTO. In Italia un lavoratore su quattro guadagna meno di 780 euro al mese, le diseguaglianze di reddito si accentuano, cresce la quota di popolazione che fatica a sbarcare il lunario, per gran parte di giovani si profila un futuro da pensionati con entrate insufficienti per vivere.

Ha suscitato allarme e molte prese di posizione lo scenario delineato ieri dal presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, nella sua relazione sul Rapporto annuale dell'istituto previdenziale.

Di crisi, carovita, potere d'acquisto in picchiata per salari e pensioni si è dicusso oggi a palazzo Chigi: è durato circa un'ora e mezza l'incontro tra il premier Mario Draghi e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri sui temi del lavoro e del welfare.

Presenti anche quattro ministri, il titolare del Lavoro Andrea Orlando (Pd), quello dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti (Lega), della Pa Renato Brunetta (FI)e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli (M5s).

Il governo si è impegnato ad un confronto strutturato e permanente con le parti sociali sulle questioni urgenti e ha promesso un decreto entro l'estate, a sostegno del potere d'acquisto dei lavoratori.

I sindacati chiedono misure strutturali e lo stop alle politiche dei bonus.

Il numero uno Cgil, Landini, prendendo atto della disponibilità del governo, ha sottolineato che da Draghi però non è arrivata nessuna indicazione concreta su quali interventi si pensi di proporre: "Non abbiamo ricevuto alcun numero o altre informazioni, solo la disponibilitàa un altro incontor prima che siano varate le misure", ha detto.

Ma torniamo al Rapporto Inps.

Aumentano le retribuzioni dell'1% più pagato dei dipendenti mentre si riducono quelle di coloro che già hanno più basse.

"La crisi - dice - ha lasciato strappi vistosi nella distribuzione dei redditi lavorativi. Se si considerano i valori soglia del primo e dell'ultimo decile nella distribuzione delle retribuzioni dei dipendenti a tempo pieno e pienamente occupati, per operai e impiegati (escludendo dirigenti, quadri e apprendisti), emerge che il 10% dei dipendenti a tempo pieno di tale insieme guadagna meno di 1.495 euro, il 50% meno di 2.058 euro e solo il 10% ha livelli retributivi superiori a 3.399 euro lordi. La retribuzione media delle donne nel 2021 risulta pari a 20.415 euro, sostanzialmente invariata rispetto agli anni precedenti e inferiore del 25% rispetto alla corrispondente media maschile".

"La distribuzione dei redditi all'interno del lavoro dipendente - sottolinea - si è ulteriormente polarizzata, con una quota crescente di lavoratori che percepiscono un reddito da lavoro inferiore alla soglia di fruizione del reddito di cittadinanza.

Il 23% dei lavoratori guadagna meno di 780 euro/mese, considerando anche i part-time. Per contro, l'1% dei lavoratori meglio retribuiti ha visto un ulteriore aumento di un punto percentuale della loro quota sulla massa retributiva complessiva" (dal 6,5% al 7,5% per il settore privato). Nel 2021 si registrano più persone sul mercato del lavoro rispetto al 2020 (25.683 mila persone) ma - spiega Tridico - "molti dei nuovi lavoratori immessi sono impiegati per un numero ridotto di ore e percepiscono retribuzioni che non permettono ai singoli di vivere dignitosamente. Guardando alla generalità degli occupati, la metà più povera ha perso quote di reddito tra il 2005 e 2020".

Un terzo dei pensionati, il 32%, prende meno di mille euro al mese, la quota sale al 40% togliendo l'integrazione al minimo.

I tecnici dell'Istituto hanno spiegato che nel 2022 l'aumento dell'inflazione con una crescita dei prezzi che a fine anno potrebbe assestarsi sull'8% potrebbe pesare sulla spesa per le pensioni dell'Inps nel 2023 per 24 miliardi. Nel futuro della Generazione X, con 30 anni di contributi e il salario minimo di 9 euro lordi l'ora, una pensione a 65 anni di circa 750 euro, secondo i calcoli dall'Istituto.

L'impennata del costo della vita, frutto degli effetti del conflitto russo-ucraino, nonché dello 'strascico' della pandemia da Covid-19, potrebbe tradursi (anche) in una 'escalation' della spesa pensionistica, nel nostro Paese: l'inflazione, che a fine anno potrebbe assestarsi all'8%, giungerebbe, infatti, a pesare per 24 miliardi sulle uscite per prestazioni dell'Inps.

E, mentre si è aperto il cantiere pensionistico, che dovrebbe prevedere, tra l'altro, il rinnovo dell'Ape sociale e di Opzione donna (misure che, a giudizio del ministro del Lavoro Andrea Orlando, hanno "ottenuto buoni risultati") e probabilmente una sorta di uscita graduale in cambio di nuovi ingressi, per i più giovani si prospetta come detto un impegno occupazionale più esteso nel tempo e con esiti finanziari meno consistenti, rispetto alle generazioni 'adulte'.

Tridico ha affermato che, nel 2021, in Italia, "la distribuzione dei redditi all'interno del lavoro dipendente si è ulteriormente polarizzata, con una quota crescente" di personale che riesce a portare a casa, a fine mese, una paga "inferiore alla soglia di fruizione del reddito di cittadinanza.

Il tasso di occupazione l'anno scorso ha quasi raggiunto il 60%, il valore più alto registrato da sempre, eppur ancora lontano dall'obiettivo europeo del 70%; la platea degli assicurati all'Inps (subordinati ed autonomi) è giunta alla cifra di 25,683 milioni e, recita lo studio, "trainante è stata la crescita dei dipendenti, sia pubblici, sia privati, inclusi i domestici (per effetto della regolarizzazione che è stata attivata nel 2020, con circa 100.000 lavoratori 'emersi' a seguito della sanatoria), mentre è stabile, o declinante la consistenza degli operai agricoli" ed è "lenta e continua l'erosione per artigiani, commercianti ed agricoli autonomi".

Orlando ha messo in luce, dati alla mano, l'ampliamento dell'area dei cosiddetti 'working poor', ossia "persone che lavorano 10-15 ore a settimana", e "sono probabilmente dei disoccupati, o dei sotto-occupati involontari; persone che vorrebbero" applicarsi di più, "ma che non trovano opportunità adeguate", ha spiegato. "Dopo l'approvazione della direttiva sul salario minimo in Europa - ha aggiunto il titolare del dicastero di via Veneto - penso che vi siano le condizioni per un'intesa con le parti sociali per arrivare ad un punto di caduta positivo che tenga conto della peculiarità italiana, facendo derivare il salario minimo, comparto per comparto, dai contratti comparativamente maggiormente rappresentativi".

Nella Penisola, poi, si legge nel Rapporto dell'Inps, cospicuo il ricorso alla cassa integrazione: al 31 dicembre scorso, infatti, si sono contati 3 milioni di beneficiari di ammortizzatori sociali (per un importo globale di circa 10 miliardi) e "le giornate di malattia hanno segnato il culmine nel mese di gennaio 2022", per un ammontare di "quasi 30 milioni di giornate, riferite a più di 3 milioni di lavoratori assenti per infezione o quarantena".

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