Economia / Impiego

Agenzia del lavoro, l’ora della svolta: “Vogliamo riattivare chi per tanti motivi non cerca più un’occupazione”

Parla la direttrice Stefania Terlizzi:” Sta cambiando anche il modo in cui noi ci interfacciamo con le aziende, costruiamo un progetto di ricerca per ognuna, abbiamo fatto i recluting day per settori, ci stiamo affacciando all'estero per determinati profili”

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di Chiara Zomer

TRENTO. Sta per iniziare la nuova fase di Agenzia per il Lavoro: i fondi garantiti dal Pnrr per il programma Gol - per il Trentino 42 milioni, di cui 8 messi in campo solo per il 20222 - si uniscono al piano attuativo regionale, già approvato. Quindi si parte. Obiettivo: cambiare il paradigma, per dare lavoro anche a chi ha smesso di cercarlo. Come, ce lo spiega la direttrice dell'Agenzia del Lavoro Stefania Terlizzi. Che chiede ai cittadini di avere fiducia. E tornare nei centri per l'impiego.
Direttrice, a che punto siamo della rivoluzione?
«Ora che c'è il piano attuativo regionale approvato, abbiamo il via libera di Anpal. Partiamo ora. Il progetto è innovativo, perché per la prima volta indica target quantificabili. Entro dicembre siamo chiamati a prendere in carico 5.880 lavoratori. Identificheremo i primi lavoratori da individuare, poi intercetteremo chi mano a mano entra dalla porta. Per ognuno la sfida è immaginare un percorso di riattivazione. Perché l'obiettivo è cercare di mettere di nuovo in moto quella serie di lavoratori che per ora o non sono intercettati, o per tanti motivi non sono più interessati. E questo fronte intercetta il tema del mismatch, tra domanda e offerta di lavoro che non si incontrano».
Incrocia anche il problema demografico.
«C'è un tema socio demografico, certo. Ma c'è anche il fatto che, qui da noi, viviamo un momento di tassi di disoccupazione bassissimi. In questo momento di massima occupazione, con difficoltà anche di intercettare le persone, diventa vitale il tema della condizionalità. Non in una logica di punizione, ma l'aiuto deve essere un emolumento che ti do, in un momento difficile, mentre ti accompagno in un percorso di upskilling o reskilling. In questo contesto, anche la riforma del Progettone ha un ruolo strategico».
Qui il tema è delicato, per settimane il dibattito è stato rovente.
«Sembra che ora si sia trovata una linea di dialogo. Agenzia del lavoro è pronta a fare la sua parte, in una riforma che evolve il Progettone da strumento volto a tutelare i lavoratori anziani, verso uno strumento di reinserimento. Lavoreremo per trasformarlo in uno strumento di politica attiva, capace di facilitare la fuoriuscita dal mercato protetto, per rientrare nel mercato del lavoro ordinario».
Si ma alcuni lavoratori sono da anni nel Progettone da anni, si aspettano tutela.
«Certo, le fasce più deboli ne hanno necessità. Ma se diventa una gabbia è finita».
Torniamo alla nuova fase che si apre ora in Agenzia del Lavoro. Dal punto di vista pratico, cosa cambia per gli utenti?
«Ora ci sarà il concetto della presa in carico. Chi si affiderà a noi, sarà affidato ad uno skill manager, che lo accompagnerà per tutto il percorso, con una logica di profilatura e misurazione delle azioni che devono essere fatte. Un ruolo fondamentale lo avrà, naturalmente, la formazione».
Per fare tutto questo, altrove hanno fatto assunzioni.
«Per realizzare questo progetto sarà attuata una stretta relazione con la rete dei soggetti accreditati territoriali, che sono un valore per capillarità dei servizi. Una rete sul territorio, ma con una forte governance pubblica, che dovrà definire gli standard, i livelli essenziali di servizio ai cittadini, garantiti ovunque. Sono tante le sfide, che vedranno Agenzia del lavoro coinvolta e diventa vitale che sia le persone sia le imprese ci diano l'apertura di credito necessaria. Qui o vinciamo tutti, o perdiamo tutti».
Per aumentare le competenze o reindirizzarle serve capire che tipo di competenze servono al mercato del lavoro.
«E per questo stiamo lavorando con le aziende. Alessandra Sartori, docente all'Università di Milano, sta coordinando i lavori, stiamo raccogliendo i bisogni del territorio. Trasformeremo il catalogo della nostra offerta formativa, per quanto riguarda i percorsi più lunghi. Per quelli più brevi sarà pubblicato a luglio un bando, che riguarderà competenze professionalizzanti, ma da ottenere in tempi brevi. E qui gli enti privati accreditati potranno presentare delle offerte. In esito dei colloqui con lo skill manager, nei centri per l'impiego, l'utente sarà indirizzato al percorso più adatto».
Uno schema di cui si parla da tempo. Perché adesso dovrebbe funzionare?
«Perché ora, per la prima volta, ogni fase sarà seguita da un manager, che monitorerà l'attività, capirà cosa non funziona, eventualmente reindirizzerà i percorsi. Si tratta di un accompagnamento molto intenso, che finora non è mai stato fatto davvero».
Un tempo i vostri utenti erano i disoccupati in cerca di lavoro. Ma ormai sono le aziende che chiedono di avere lavoratori che non si trovano. Le imprese collaborano?
«Certo. Sta cambiando anche il modo in cui noi ci interfacciamo con le aziende, costruiamo un progetto di ricerca per ognuna, abbiamo fatto i recluting day per settori, ci stiamo affacciando all'estero per determinati profili. Per esempio per camerieri e cuochi, Abbiamo raccolto e messo a disposizione delle imprese 2.500 curricula. Nella nostra sola banca dati, non sarebbe stato possibile. Ora faremo lo stesso con la raccolta agricola».
In questa fase, in cui i lavoratori sono pochi, le aziende hanno capito che devono avere un approccio diverso?
«In alcuni settori si rubano la manodopera, il tema c'è. E certamente qualcuno ha capito che deve cambiare mentalità. Per esempio ci sono imprese che stanno capendo che l'attrattività di un posto di lavoro, a volte, passa anche dall'alloggio. Ci sono aziende che chiamano è dicono di avere una foresteria a disposizione, se qualche lavoratore fuori regione è interessato. Le aziende stanno recependo che il momento è cambiato, e noi insieme a loro siamo pronti ad aiutare l'incrocio di domanda e offerta».
Resta un tema: i giovani. Nel 2019 in Provincia, il 13,1% dei giovani tra i 15 e i 34 ani erano Neet, cioè non studiavano né cercavano lavoro. Percentuale salita al 15,1% nel 2020. Qual è la vostra percezione? È una questione economica o culturale?
«Non so. Posso però dire che abbiamo fatto numerosi incontri con le scuole, per proporre lavoretti stagionali. Ma abbiamo avuto una scarsissima risposta. E anche nei recruting day, con offerte di lavoro vere, con aziende, abbiamo avuto scarsissime adesioni».

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