Economia / Post covid

I sindacati: «Le aziende non trovano manodopera? Ma senza contratti stabili e compensi equi è difficile trovare lavoratori»

Cgil, Cisl e Uil puntano il dito soprattutto su quanto accade in tre comparti, turismo, agricoltura ed edilizia, e tirano in ballo pure la Provincia che non sta rispondendo alle istanze

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TRENTO. Stop alle lamentele delle imprese per la carenza di manodopera e maggiore attenzione alla programmazione delle politiche del lavoro attraverso una puntuale analisi del fabbisogno, retribuzioni competitive con i territori vicini e stabilizzazione dei contratti.

Cgil, Cisl e Uil puntano il dito soprattutto su quanto accade in tre comparti, turismo, agricoltura ed edilizia, e tirano in ballo pure la Provincia che non sta rispondendo alle istanze.

Anzi, l'aver imposto nella firma di specifici protocolli l'omissione di iniziative per il reperimento di manodopera straniera, fa parlare i rappresentanti dei lavoratori anche di «razzismo strisciante».

Maurizio Zabbeni, Lorenzo Pomini e Gianni Tomasi sono i sindacalisti che seguono le politiche del lavoro rispettivamente per Cgil, Cisl e Uil. Ieri hanno preso posizione partendo da un punto ben preciso: «se manca manodopera non è perché c'è chi preferisce ricorrere agli ammortizzatori sociali per restare sul divano».

Non manca una disponibilità di Cgil, Cisl e Uil ad avviare un percorso che avvicini lavoratori e azienda per erodere ancora quel 4,8% che rappresenta il tasso di disoccupazione. Non viene esclusa quindi l'introduzione della condizionalità nell'erogazione degli ammortizzatori sociali.

«Purché - sostengono i sindacati - qualora venga offerto un lavoro, si possano assicurare qualità e retribuzione adeguate alle mansioni svolte».

Un'altra apertura è rivolta poi ai contratti di rete, che permetterebbero allo stesso lavoratore di mettersi a disposizione di più aziende durante l'anno.E le aziende?

«Chiediamo innanzitutto - afferma Zabbeni - che in coerenza con quanto stabilito con gli stati generali del lavoro venga avviato uno strumento serio per avere un'analisi costante sul fabbisogno di manodopera. Poi occorre considerare quelle che sono le condizioni di lavoro, con livelli retributivi che da noi sono pari a quelli della media italiana, ma inferiori rispetto alla media europea, del Nordest e del vicino Alto Adige».

«In settori come il turismo - aggiunge Pomini - le imprese forse trascurano quanto successo con il Covid, con i lavoratori del settore che talvolta hanno scelto di transitare nel manifatturiero trovando maggiore stabilità, migliori condizioni economiche e condizioni contrattuali che garantiscono orari e riposi. Noi abbiamo proposto di inserire dei percorsi per l'accesso di lavoratori extracomunitari, ma dobbiamo fare i conti con il razzismo strisciante che porta a dire prima i trentini».

Ad aggiungere in prospettiva un problema ulteriore è anche la carenza di giovani ma, secondo i sindacalisti, spesso vengono messi nelle condizioni di maturare esperienze fuori provincia con il rischio di non tornare.

«Gli stati generali del lavoro - ricorda Tomasi - hanno messo in evidenza il problema delle retribuzioni inferiori in genere e specificato che in particolare per i giovani ci sono retribuzioni minori e più assunzioni a termine. Così i trentini vanno altrove e vorrei ricordare che nella recente campagna invernale per gli stagionali l'Agenzia del lavoro ha raccolto circa tremila curriculum. Ma tra questi poco più di cento soltanto hanno avuto un'occupazione. Poi nel turismo continua a mancare pure la contrattazione territoriale creando un gap del 25% nelle buste paga rispetto all'Alto Adige».

Pure l'agricoltura non ha avuto grandi riscontri di fronte ad un protocollo con l'Agenzia del lavoro che ha permesso di raccogliere nel 2019 le richieste di 130 aziende per assumere 300 persone su 1.142 candidature. Nel 2020, caratterizzato dal lockdown, sono arrivate richieste da 253 aziende per 1.099 persone da assumere a fonte di 10.809 candidature, di cui 7.646 per primavera e 3.163 autunno. Lo scorso anno è cambiato il sistema di rilevamento, ma l'Agenzia del lavoro ha comunque gestito 296 richieste di personale tramite liste, cui ne vanno aggiunte 185 dai Centri provinciali per l'impiego.

Ma il problema delle retribuzioni, dicono i sindacati, non è ristretto a pochi settori economici. E sulla manodopera di qualità e ben remunerata, a loro giudizio, si può costruire un miglioramento della produttività delle aziende locali, «investendo sulle competenze acquisite».

Competenze che rischiano di disperdersi se, come avvenuto nell'ultimo periodo, i lavoratori somministrati continueranno a crescere del 30-50% all'anno a seconda del settore. Con un allarme in più negli ultimi mesi, pure se ancora ristretto a poche centinaia di casi: la somministrazione a tempo indeterminato che stabilizza sì il lavoratore, ma che lascia libera l'azienda di disfarsene alle prime difficoltà. L. C.

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