Economia / Tendenze

Il telelavoro piace alle aziende italiane: l'88% proseguirà anche dopo il 30 giugno

L'inchiesta dell'Aidp rivela che quasi nove imprese su dieci intendono procedere con l'esperienza di smart working anche dopo il termine previsto dal governo per la libera iniziativa. La presidente Matilde Marandola: «Ora bisogna prefigurare un autentico modello di lavoro smart». Gli impatti positivi su benessere, produttività, sostenibilità ambientale

ROMA. se ne parla dagli anni Novanta ma, se al'lestero aveva già preso piede in vari Paesi e realtà economiche innovative, in Italia c'è voluta la dramamtica esperienza della pandemia per imprimere un'accelerazione sul fronte del telelavoro.

Da decenni vari studi e saggi sul tema sottolineano che esiste la possibilità di trovare un equilibrio che massimizzi la soddisfazionbe del datore di lavoro, il benessere dei dipendenti e la riduzione dei costi ambientali dovuti all'inquinamento da traffico.

Ora, in Italia, con la fine dello stato di emergenza, il nuovo decreto garantisce comunque alle imprese di ricorrere liberamente allo smart working, senza la necessità di un accordo aziendale o su base individuale, almeno fino al 30 giugno. Successivamente dovrebbero vedere la luce nuove intese per regolamentare la materia.

Nel frattempo emerge uno scenario che vede quasi nove aziende su dieci convinte dei miglioramenti strutturali derivanti dal ricorso allo smart working per settori potenzialmente compatibili; solo una realtà su dieci perpetua scelta più conservatrici, evitando in toto questa nuova dinamica nell'approccio al benessere delle risorse umane e alla questione ambientale.

Ora, un'indagine condotta dall'Aidp (Associazione italiana per la direzione del personale), cui hanno risposto circa 850 tra professionisti e imprese, indica che  58% circa delle aziende ha dichiarato che "stanno trovando difficoltà ad assumere, o trattenere i dipendenti, se non viene garantitolo lo smart working", mentre "oltre l'88% ha confermato che dopo la data del 30 giugno continuerà la possibilità di lavorare in smart working e da remoto, contro l'11% che ha espresso un'intenzione contraria".

La prospettiva, recita il testo, "è il lavoro ibrido tra modalità in presenza e da remoto: il 38% delle aziende, infatti, ha affermato che i dipendenti potranno lavorare da remoto almeno 2 giorni a settimana e il 14% almeno 1 giorno a settimana.

Negli altri casi, con percentuali minori, si va da 3 ai 5 giorni fino ad una presenza di un solo giorno al mese".

Matilde Marandola, presidente nazionale Aidp, spiega così ll'evoluzione degli ultimi tempi: «La modalità di lavoro smart è ormai entrata nel nostro nuovo dna lavorativo e i dati della nostra indagine lo certificano in modo inequivocabile.

Il punto oggi non è più rispondere alla domanda sulla necessità o meno dello smart working ma capire, e in qualche modo prefigurare, un autentico modello di lavoro smart e definire un nuovo equilibrio tra le diverse modalità di lavoro. Non è solo una questione di modalità lavorativa o di norme, tuttavia, ma è anche, e forse soprattutto, un tema culturale.

La ridefinizione dei tradizionali confini spazio-temporali dell’organizzazione del lavoro presuppone un adeguamento dei concetti tradizionali del lavoro come ad esempio il tema dell’autonomia e della responsabilità dei lavoratori a fronte di un minor controllo.

È il dato della nostra ricerca, in questo senso è confortante laddove si evince che il 75% delle aziende non predisporrà sistemi di controllo da remoto. Ciò vuol dire che siamo pronti a cogliere le opportunità che la nuova sfida lavorativa ci pone».

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