Economia / Cave

Crisi del porfido: canoni a picco, meno posti di lavoro, e ci sono ancora 17 milioni di metri cubi da scavare

Il quadro del settore estrattivo ad Albiano, nel Programma di attuazione comunale: valore economico in stallo, e le conseguenze sono pesanti

di Giorgia Cardini

ALBIANO. Ci sono ancora oltre 17 milioni di metri cubi di montagna da scavare, nelle aree estrattive di "Monte Gaggio" e "Santa Colomba". Una volumetria rilevantissima.

La cifra (quella precisa è di 17.421.618 mc) è contenuta nel rapporto quinquennale sullo stato di avanzamento previsto dal Programma di attuazione del Comune di Albiano, datato agosto e presentato dalla So.Ge.Ca srl (la Società di Gestione delle Cave del Comune) all'Unità operativa per la Valutazione d'impatto ambientale.

Un deposito a cui So.Ge.Ca è tenuta da una prescrizione imposta nel 2005, in sede di valutazione positiva di compatibilità ambientale del Programma di attuazione delle aree estrattive, la cui validità è stata prorogata nel 2017.

Quanto si è scavato.

Salta all'occhio, oltre alla volumetria residua, il fatto che tra il 2015 e il 2019 siano stati scavati 1.794.611 metri cubi (358.922 annui di media) a fronte dei 5.007.671 mc del periodo 2006-2014 (556.407 mc/anno). Numeri che riflettono sicuramente la crisi di un settore, ma che non dicono tutto. Infatti, secondo la relazione, dal 2017 in poi c'è stata una ripresa di attività: così, dai 340.471 mc scavati in quell'anno, si è passati ai 381.481 del 2018 (+12,05%) e ai 402.086 del 2019 (+5,40%), e dai 191.256 mc lavorati nel 2017 si è arrivati a 212.393 nel 2019 (+7,54% sul 2018 e +10% sul 2017).

Un aumento testimoniato anche dalla crescita delle volate di mina e della quantità di esplosivi utilizzata.

Valore economico in stallo.

Ma, nonostante questo, la resa dei lotti cava (fluttuanti tra un minimo dell'8,22% per "Santa Colomba 3" nel 2015 e del 41,23% per "Monte Gaggio 12" nel 2017) ha portato complessivamente a una perdita di valore economico del materiale lavorato nell'ultimo quinquennio pari al 1,66%.Cinquanta lavoratori in meno.

La crisi che colpito fortemente il settore estrattivo ha causato una progressiva ma continua perdita di forza lavoro. Gli addetti alla prima lavorazione, in sei anni, sono il 26,24% in meno. Nel 2015 gli operai erano 125, l'anno dopo 117, quello seguente 112, nel 2018 99, quindi 104. Nel 2020, anno condizionato anche dal Covid, si è registrato il loro numero minimo: 92. Per la seconda lavorazione, si è assistito invece a un aumento nel 2017 (+8,69%) che poi si è annullato tra 2018 e 2019 (-1,66% e -6,04%) con un ulteriore calo del 4,72% nel 2020: così, dai 135 manovali di cinque anni fa si è passati ai 118 dell'anno scorso. In totale, tra prima e seconda lavorazione, sono scomparsi 50 addetti in sei anni.

Canoni a picco.

Infine, il doloroso capitolo canoni, su cui Albiano (come gli altri Comuni del quadrilatero) ha costruito per decenni il proprio bilancio. Se l'importo di quelli dovuti nel 2020 è ancora da quantificare, le tabelle prodotte riportano però un ingente calo di quelli dovuti a partire dal 2017, quando si è passati dai 4,10 euro/mc dell'anno prima a 3,74 euro/mc (-8,96%). Nel 2018, poi, per ogni mc estratto i concessionari hanno pagato solo 2,85 euro (-23,83%) mentre nel 2019 - anno per cui manca ancora la delibera comunale - si stima che gli euro a mc estratto saranno 2,83 (-0,40%). Un calo complessivo di introiti di oltre il 32%.

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