Chiusure dei centri commerciali di marzo: braccio di ferro al Tar, la causa va avanti

di Sergio Damiani

TRENTO - Prosegue il braccio di ferro davanti al Tar sulle aperture domenicali dei negozi e sugli eventuali danni milionari. Da un lato la Provincia resiste in giudizio. Dall'altra le catene di distribuzione (Eurobrico spa, Casatua Italia, Centro commerciale Le Valli, Millennium Center e, attraverso un separato ricorso, Md)) che chiedono l'annullamento della delibera della Giunta provinciale numero 891 del 3 luglio 2020, nella parte in cui, nel determinare i Comuni ad elevata intensità turistica o attrattività commerciale, inibisce l'apertura domenicale dei punti vendita dei ricorrenti nei Comuni di Pergine, Trento, Cles, Borgo Valsugana, Rovereto.

Il ricorso è accompagnato da una richiesta di (milionario) risarcimento dei danni per le domeniche in cui i negozi dei centri non turistici hanno dovuto mantenere le serrande chiuse per un periodo di circa 3 mesi. L'ultimo capitolo di questa dura battaglia davanti alla giustizia amministrativa, approdata anche davanti alla Corte costituzionale, è una sentenza non definitiva del Tar. I giudici amministrativi hanno rigettato l'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla Provincia con la memoria depositata il 19 di ottobre.

Memoria in cui l'amministrazione provinciale aveva eccepito l'inammissibilità, per carenza di interesse, dell'azione di annullamento proposta dalle società ricorrenti, poiché la Giunta provinciale aveva già deciso, con la deliberazione 29 settembre 2020, di riconoscere agli esercizi commerciali di tutto il territorio provinciale la facoltà di apertura domenicale e festiva fino alla pronuncia da parte della Consulta sulla questione di illegittimità costituzionale sollevata con l'ordinanza del Tar di data primo ottobre 2020.

Secondo i giudici l'interesse dei ricorrenti è ancora vivo anche dopo la delibera che ha rimesso tutti i comuni "in pari". Rimane il loro interesse «a far dichiarare l'illegittimità dell'impugnata delibera 891 del 2020 (quella cioè con cui si introduceva il doppio regime tra comuni turistici e non, ndr), perché da ciò discenderebbe la possibilità di ottenere il ristoro del danno medio tempore cagionato da tale provvedimento, che - seppure per un limitato periodo di tempo - ha prodotto i propri effetti». Una decisione che l'avvocato Giacomo Merlo, legale del gruppo Paterno, giudica in modo positivo.

Per i ricorrenti le parole del Tar non possono essere interpretate come un via libera ai risarcimenti, ma certo è un primo ostacolo superato.

Sul fronte delle richieste di risarcimento la sentenza del Tar precisa che il 30 dicembre scorso i ricorrenti «hanno fornito elementi istruttori a supporto della propria domanda risarcitoria e con memoria depositata in data 8 gennaio 2021 hanno insistito per l'accoglimento di tale domanda». Le cifre sono state precisate anche se sul quantum rimane un comprensibile riserbo. Si possono tuttavia azzardare delle stime approssimative: per le 14 domeniche di forzato stop ci sarebbero in ballo circa 4 milioni di euro in - per ora ipotetici - risarcimenti.

Tutto rimane congelato in attesa della pronuncia (non prima di qualche mese) da parte della Corte costituzionale. Il giudice delle leggi deve valutare se l'articolo 1 della legge provinciale 4 del 3 luglio 2020 (che venne annunciata da Fugatti in conferenza stampoa con il famoso "ghe provèm") sia in contrasto con i limiti all'esercizio della potestà normativa primaria della Provincia.

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