Weiss (Apt Fassa): «Senza arrivi da altre regioni l'apertura diventa insostenibile»

di Leonardo Pontalti

«Senza turisti da fuori regione, l'apertura è insostenibile. Sarebbe solo un salasso. Ma una finestra di apertura vera, da qui alla fine della stagione, sarebbe importante. Anche per pianificare il prossimo inverno».
Ribadisce un concetto ormai chiaro a tutti Andrea Weiss, direttore dell'Apt della Val di Fassa: il problema per l'industria dello sci non è più rappresentato da accessi contingentati o protocolli del Cts, ma dalla possibilità o meno per gli sciatori di arrivare da fuori Trentino.
«Aprire per gli appassionati della provincia sarebbe soltanto un altro salasso. I costi legati al mantenimento in funzione degli impianti non potrebbero mai essere coperti dalle entrate. Anche perché i trentini che sciano, giustamente, andrebbero ognuno nelle località più prossime al luogo di residenza. Non ci sarebbero neppure benefici per il settore ricettivo, con presenze limitate ad un'unica giornata».
Nessuna riapertura, al di là della possibilità di attuarla dunque? Meglio pensare al prossimo inverno?
«In realtà la speranza - da qui al termine della stagione (o meglio, del periodo in cui dovrebbe chiudersi una stagione mai apertasi) - è quella di poter contare quantomeno su una finestra di qualche settimana con la possibilità anche per turisti da fuori regione di arrivare da noi. Non solo per una questione economica, con presenze che potrebbero rappresentare un piccolo ristoro per il settore. Ma anche per testare la sostenibilità dei protocolli ipotizzati. Non sappiamo quanto durerà ancora la pandemia. Non sappiamo se nell'inverno prossimo le condizioni saranno diverse o se la situazione sarà purtroppo ancora analoga a quella attuale. E proprio per questo serve un banco di prova. Serve poter capire se gli accessi contingentati nelle cabine bastano, se le presenze in pista sono gestibili e così via. Ma per rendere il banco di prova affidabile serve una presenza reale, non certo limitata ai trentini».
Questo inverno ha mostrato comunque una fame di montagna a prescindere dall'ambito dello sci alpino. È un'opportunità per il futuro?
«Dipende. Per una realtà come la nostra, pensare di puntare - economicamente e come offerta ricettiva - sull'inverno senza sci alpino è difficile. Abbiamo zone meravigliose, ma è chi viene qui per sciare che riempie gli alberghi. Quella dello sci per noi è una vera e propria industria, servono grandi numeri. E quelli li può garantire solo lo sci alpino. In Val di Fassa, almeno».
L'amore per le sciaspole o le pelli di foca non porta soldi.
«Non ne porta in quantità tale da poter giustificare investimenti in questo senso. Per ora. Il corollario di offerte extra sci è sempre stato pensato in funzione dello sci. Per soddisfare chi accompagna lo sciatore e non scia. Ma si tratta di un'utenza che arriva sempre qui, direttamente o indirettamente, per lo sci alpino».
Dopo mesi in cui si riflette sulla sostenibilità e sulle potenzialità del turismo invernale a prescindere dallo sci alpino, dunque, tutto tornerà nel dimenticatoio?
«Il rischio c'è. Ma sarebbe un errore. Il problema è che attualmente quello che prescinde dallo sci alpino è un turismo che poco si presta a garantire entrate anche per il sistema ricettivo, ad esempio. Lo scialpinista non fa la settimana bianca, si ferma due, tre giorni al massimo. E lo scialpinismo non può garantire numeri in grado da alimentare l'economia di una valle come lo sci nordico».
Si tornerà a puntare unicamente sugli impianti, dunque. Anche a fine pandemia?
«Credo sia giusto continuare a farlo, in maniera sempre più sostenibile e attenta all'ambiente. Ma si dovrà sempre più pensare a una diversificazione dell'offerta. Puntando anche alle professionalità che abbiamo nelle zone di montagna: i maestri di sci sono spesso anche guide alpine, accompagnatori di territorio. Una cosa non esclude l'altra: si deve far sì che il turismo invernale diventi sempre più sostenibile permettendo a tutti di scoprire modi diversi di fruire della neve. Soprattutto in zone in cui puntare sugli impianti e lo sci alpino potrebbe diventare sempre più difficile. Un'opportunità in più. Un di più. Ma, soprattutto per realtà come la nostra, non si può pensare di fare a meno dello sci».

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