Pisauro: niente riforma dell'Irpef: mancano i soldi. «Ma almeno si smetta di far pagare ai redditi medi aliquote oltre la soglia di legge»

Una riforma dell’Irpef organica, generale, di sistema, non si farà. E non perché il governo sta sempre «come in autunno sugli alberi le foglie», ma perché i soldi stanziati non sono sufficienti.

La cifra destinata alla riforma al massimo basterà per continuare a fare quello che si sta facendo da 20 anni, aggiustamenti, esenzioni, tax espenditur, detrazioni, bonus, assegni.

È il verdetto del professor Giuseppe Pisauro, presidente dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, pronunciato davanti alla commissione Finanze alla Camera impegnata in un’indagine conoscitiva sulla riforma dell’Irpef.

«Le risorse stanziate per la riforma dell’Irpef sono insufficienti per centrare gli obiettivi indicati nella Nadef e nel Pnrr». ha scandito Pisauro.
E sono insufficienti perché la maggior parte dei miliardi stanziati «se li mangia» l’assegno unico per i figli, continuando ad aggravare quella che Pisauro definisce la «più grave delle iniquità del sistema» Irpef, che vede i redditi medi, da dipendente pagare un’aliquota marginale più alta del massimo legale.

Ad oggi le risorse stanziate per la riforma, per il triennio 2021-2023 sono 8 miliardi per il 2022 e 7 miliardi dal 2023, «ma - ha detto Pisauro - una quota di 5/6 miliardi è destinata all’assegno unico per i figli, Quindi di fatto per la riforma vera e propria, ne restano solo 2/3 miliardi per il 2022 e altrettanti per il 2023».

Con una dote così misera c’è poco da fare.

Ma soprattutto la parte «mangiata» dall’assegno unico per i figli - che secondo le richieste del «forum delle famiglie» deve essere di «almeno 200 euro per ogni figlio fino a 21 anni», senza alcun tetto alla figliolanza - rischia di aggravare una situazione di «iniquità orizzontale». Iniquità sottolineata non solo da Pisauro ma da tutte le analisi presentate dagli esperti auditi in queste settimane dalla commissione presieduta da Luigi Marattin.

Anche a causa del cosiddetto bonus Renzi (prima di 80euro, ora di 100), per le fasce di reddito centrali (28.000-35.000 euro e poi 35.000-40.000 euro) il peso della tassazione ha superato l’aliquota massima prevista dalla legge, cioè il 43%.

«Il 20% dei lavoratori dipendenti pagano un’aliquota marginale uguale o superiore a 45% e addirittura l’aliquota marginale arriva al 61% per i redditi tra i 35.000 e 40.000 euro», ha detto Pisauro. Che almeno «si sani questo orrore». Soldi necessari? «Proprio i 3 miliardi che restano, tolto quanto previsto per l’assegno unico», sottolinea il presidente di Upb.

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