I panificatori contro il Sait: «amarezza ed indignazione per le parole di Simoni»

Durissimo attacco dell'Associazione Panificatori del Trentino al Sait, dopo la rescissione del contratto di fornitura del pane per dieci aziende locali, che il Sait vuole sostituire con un unico interlocutore. L’Associazione panificatori del Trentino non ci sta e replica ancora alle dichiarazioni del presidente del Sait Roberto Simoni a proposito di una presunta “guerra del pane”. L’amarezza e l’indignazione sono ancora maggiori, per una vicenda che ha messo in luce un modo di fare impresa – secondo l’associazione – molto discutibile, dopo che ieri si è tenuta una riunione con gli 11 panificatori esclusi dal Sait.

«Le “meraviglie” tanto decantate dal presidente Simoni sono la riconferma – dichiarano gli 11 panifici – dell’ingiusto trattamento, anche nei metodi, riservato ai panificatori trentini. Simoni evidenzia che l'interruzione delle forniture dal 18 maggio ai panificatori trentini si limita a circa 20 punti vendita su 300. Dimentica però che tale decisione il Sait l'ha presa su tutte le sue rivendite a gestione diretta, mentre gli “oltre 300 punti vendita su cui nulla cambierà” sono gestiti dalle Famiglie Cooperative, “azioniste” di Sait e dislocate sul territorio trentino e che godono di completa autonomia».

«Siamo ulteriormente stupiti – interviene in merito anche il vicepresidente Francesco Vivori – per non dire di peggio, per le accuse del presidente Simoni, secondo il quale ne avremmo fatto una mera occasione di visibilità mediatica. Evidentemente non ha capito che – nel momento più delicato dell’emergenza Covid-19 – togliere ai panificatori 25 quintali di pane al giorno, senza preavviso e in questo modo, è una vera catastrofe. Anche nei momenti più difficili della pandemia i panificatori non hanno mai fatto mancare il pane fresco e le forniture sono sempre state puntuali. Oltre a ciò, i panificatori, senza mai chiedere maggiorazioni rispetto ai congrui sconti già accordati, giornalmente riforniscono di pane fresco anche i più piccoli negozi Coop del territorio trentino, contribuendo così a dare un servizio completo per tutta l'affezionata clientela. I 60 milioni di prodotti trentini, circa il 12% del fatturato Sait, sembrano, per un movimento cooperativo territoriale che vuole fare qualità, una cifra esigua. E non si capisce a cosa si riferiscano di preciso i 10 milioni di pane e prodotti affini indicati da Simoni. Sappiamo invece che mai ci è stato richiesto di allargare la nostra gamma tradizionale di prodotti panari trentini, magari a discapito della vastissima gamma di prodotti industriali surrogati del pane a lunga conservazione che campeggiano sugli scaffali del Sait. Prodotti industriali che probabilmente sono più remunerativi al Sait nel prezzo... se questo è il riposizionamento e la discontinuità o magari la “maggiore qualità”». 

«Il Presidente Roberto Simoni – conclude il presidente dell’associazione Emanuele Bonafini - parla di taglio dei costi ma i panificatori non ci stanno, orgogliosi di avere rinunciato a sistemi diretti di vendita per far trovare il pane fresco nei punti vendita Sait, in modo che la clientela sia invogliata a fare tutta la spesa».

Sul taglio dei costi, i panificatori, che sono anche cooperatori, non vogliono al momento entrare nel merito dei particolari, ma sono sicuri che le diseconomie siano da ricercare altrove: «Non possono essere pochi centesimi in meno al chilo - ammesso che si acquisti ancora un chilo di pane - che possono migliorare i bilanci del Sait tagliando i panifici storici e decantando il recupero della qualità». Ad alcuni panifici “esclusi” è stato risposto dal Sait che i quantitativi di pane non vengono tagliati ma ridotti. I panificatori hanno discusso anche di questa inaccettabile risposta perché il Sait, in realtà, ha tolto del tutto le forniture di pane dai suoi punti vendita diretti.

 
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