Coronavirus: sciopero alla Dana e alla Tecnoclima I lavoratori hanno paura: i sindacati chiedono lo stop Chiude La Sportiva: «La salute vale più di tutto»

di Franco Gottardi

«La salute vale più di tutto perciò andando oltre le indicazioni del governo ho deciso di chiudere l’azienda fino al 3 aprile». Lorenzo Delladio, titolare e amministratore de La Sportiva, si mette in prima fila tra gli imprenditori che dicono stop subito, affrontando il rischio delle perdite economiche e di mercato, per ripartire appena possibile con motivazioni ancora maggiori.

In Trentino finora è uno dei pochi esempi ma dalle notizie che circolano in ambienti economici è probabile che a partire da lunedì saranno parecchie le aziende a fare la scelta drastica dello stop. Quelle che lo possono fare, perché in alcuni casi ci sono motivazioni tecnologiche che impediscono una immediata chiusura di impianti complessi e catene di montaggio. In altri casi le aziende vogliono portare a termine lavorazioni in portafoglio per essere puntuali con le consegne e non incorrere in pesanti penali, dopodiché molte faranno la scelta drastica.

Un caso di chiusura indotta è stato citato ieri nella conferenza stampa della Provincia in cui le autorità hanno fatto il punto sull’emergenza virus. Una società in cui si è verificato un caso di positività che ha spinto i titolari a chiudere per il necessario intervento di sanificazione degli ambienti, ma le nuove direttive provinciali non impongono più la quarantena a tutti e dopo la disinfestazione si può anche riaprire, applicando ovviamente tutte le cautele necessarie e le prescrizioni relative alle distanze di sicurezza tra gli addetti.

A proposito di rispetto delle condizioni di lavoro ieri sono scesi in sciopero i dipendenti di due fabbriche metalmeccaniche, la Dana di Rovereto (vedi servizio a pagina 22) e della Tecnoclima di Pergine. La Fiom Cgil con la segretaria Manuela Terragnolo contesta il fatto che ovunque si chieda di portare avanti solo i servizi essenziali ma non nel settore produttivo. «Nelle fabbriche, però, - sottolinea un comunicato Fiom - ci sono spogliatoi in comune, ci sono le mense, mancano le adeguate protezioni e per lavorare si deve necessariamente collaborare, passarsi i pezzi e le attrezzature, parlare e stare inevitabilmente vicini. Si lavora in un clima di terrore, con la preoccupazione di venire infettati e di trasmettere poi il virus ai familiari magari anziani o ammalati»: Terragnolo definisce complicato il confronto con le aziende: «Si pone il problema delle perdite economiche in caso di chiusura: il profitto viene insomma messo prima della salute».

Secondo il sindacato tutte le fabbriche che non producono attrezzature sanitarie né operano nei servizi essenziali dovrebbero rimanere chiuse e i lavoratori messi in cassa integrazione. Nel nord Italia lo stanno chiedendo moltissime tute blu e a livello nazionale Cgil, Cisl e Uil vogliono che sia decisa la chiusura per decreto fino al 22 marzo. «Ridurre il rischio di propagazione del contagio significa aiutare anche i lavoratori che operano nei servizi essenziali, negli ospedali, che già sono sovraccaricati e operano in condizioni difficilissime. Un fermo di qualche settimana consentirà di fermare il virus ed eviterà di trascinare questa situazione drammatica per molti mesi» prosegue Terragnolo.

Ieri lo stop alla Dana di Rovereto è stato condiviso dalle rappresentanze interne di Cgil, Cisl e Uil che proclamato lo sciopero, a partire dalle ore 11 e per il resto della giornata. Stessa decisione in Tecnoclima e non si escludono azioni analoghe anche in altre fabbriche del territorio provinciale, così come sta accadendo in moltissime aziende del nord Italia.

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