Luisa e le altre: quelle delle pulizie a 600 euro al mese

di Giuliano Beltrami

1.300 vite. Sono quelle delle lavoratrici e dei lavoratori impegnati nelle pulizie dei cantieri pubblici (case di riposo, scuole, comuni, musei, università) affidate nei giorni scorsi (sia pure ancora provvisoriamente, in attesa di soluzione di anomalie e di probabili ricorsi) nell’ambito del mega appalto da 95 milioni e spiccioli indetto dalla Provincia, Giunta Rossi, nel 2017.

1.300 vite, che significa 1.300 storie. Di gente comune, che non ha voglia di metterci la faccia a raccontare: ha paura di ciò che potrebbe accadere una volta che arrivano le nuove ditte. Ti racconta, ma «niente nomi, per carità». Gente comune che lavora per sbarcare il lunario e mantenere la famiglia. Come Luisa, sudamericana, quattro figli (due disoccupati e uno all’università) e marito in pensione. «Che facciamo? Decidiamo che i poveri non si iscrivano all’università?», chiede con un pizzico di polemica nella voce, accarezzandosi i capelli lunghi. «Io pulisco una scuola elementare: 21 ore e mezza alla settimana, contratto delle Cooperative sociali, tutti i giorni dalle 16,30 alle 19. Stipendio? 800 euro al mese».

Poi c’è chi è già passato dalla perdita di appalto della Cooperativa trentina: casa di riposo trasferita in mani extra provinciali. «Vuole proprio saperlo? Ecco. Io lavoravo 20 ore, e ora ne lavoro 13», sostiene Ivonne. «Io invece - rintuzza una collega - ho mantenuto le mie ore, e mi vengono pagate regolarmente, ma sulla busta paga me ne vengono segnate 14: quelle aggiuntive mi vengono pagate come straordinarie. Tutto bene, ma i contributi ai fini della pensione vengono versati come se facessi 14 ore; ciò vale anche per la tredicesima e la quattordicesima». Significa che quando andrà in pensione riceverà meno soldi. «Perché - ironizza - lei pensa che riuscirò ad andare in pensione?». E prosegue: «Quando vado in ferie vengo pagata 14 ore, così come quando vado in malattia: meno di 500 euro al mese. E l’affitto di casa?».

Venti ore settimanali, contratto multiservizi, 600 euro netti, più tredicesima e quattordicesima. «Io lavoro in una Cooperativa per la quale faccio metà tempo (dieci ore settimanali) in un municipio e dieci per aziende private», spiega Maria Rosa. «Ora sto aspettando per capire cosa accadrà con il nuovo appalto, perché non credo siano facilmente conciliabili i due lavori. Con tutta probabilità mi verrà dimezzato l’orario: o resto da una parte o vado dall’altra».
Poi c’è la storia di Monia, certificata perché ha una disabilità. Il marito lavora e i figli vanno a scuola. «Io mi alzo alle cinque, perché alle sei devo andare in municipio. Alle otto gli uffici devono essere puliti perché arrivano gli impiegati, ma io alle otto meno un quarto finisco e torno a casa: i bambini devono andare a scuola e devo prepararli. Per fortuna lavoro a poche centinaia di metri da casa. Certo, una volta eravamo più comode perché facevamo le pulizie alla sera. Poi ci hanno chiesto di spostare l’orario al mattino, perché alla sera ci sono spesso riunioni. Pazienza».

«Io invece - racconta Antonella - percorro quaranta chilometri ogni giorno (venti all’andata, venti al ritorno), perché faccio le pulizie in una grossa casa di riposo. Il lavoro bisogna prenderlo dove si trova, anche se porto a casa 850 euro al mese, al lordo della benzina. Sa cosa trovo di sbagliato in tutto questo affare?», è la sua conclusione, «il fatto che sia l’ente pubblico a ragionare solo in termini economici, senza rispettare la dignità di chi lavora».

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