In difesa del buon pane quotidiano i panificatori trentini riuniti guardano anche alla formazione

Dalle macchine per la lavorazione degli impasti alla tavola del consumatore, l’impegno dei panificatori trentini punta soprattutto sulla valorizzazione del territorio, attraverso l’utilizzo di prodotti quanto più possibile a «chilometro zero» e alla promozione della propria attività grazie anche alla partecipazione a eventi e fiere qualificate. Un lavoro che va oltre ciò che si fa nei propri laboratori, e che è stato ricordato ieri nel corso dell’assemblea annuale dell’Associazione panificatori trentini, presieduta da Emanuele Bonafini, che nella sua lunga relazione ha illustrato l’andamento della categoria e le attività dell’associazione.

Bonafini ha posto l’accento sul riconoscimento dell’attività di panificazione artigianale e sul nuovo disciplinare di produzione per il pane fresco e i dolci da forno approvato nel settembre scorso e che - ha affermato il presidente di Aspan - «assieme al marchio di qualità Trentino, costituisce uno strumento indispensabile per la promozione del pane artigianale trentino: consentirà alle nostre imprese di godere di un valore aggiunto e di affrontare l’acclamata ripresa economica, dopo un periodo di crisi che ha colpito e continua a colpire duramente anche il nostro settore, con nuove motivazioni, nuovo entusiasmo e più determinazione».

Bisogna cioè fare leva sulla bontà del prodotto, educando il consumatore alla differenza fra il pane fresco e altri prodotti da forno che vengono magari da altri Paesi esteri, semilavoratoi o surgelati per poi essere venduti accanto al pane fresco, a prezzi stracciati.

Oltre a questi impegni e all’elenco dei numerosi eventi ai quali si è partecipato, dalle Vigiliane al «Career Fair» dell’ateneo trentino - si è molto discusso anche della formazione delle nuove generazioni, un tema caldo sotto tanti aspetti: innanzitutto perché, come ha ricordato il vicepresidente di Confcommercio Marco Fontanari nel suo saluto iniziale, gli allievi del corso d’Arte bianca e pasticceria dell’istituto alberghiero di Rovereto attendono di trovare una collocazione in spazi adeguati: «Ci stiamo attivando e anche gli assessori Failoni e Spinelli sono intenzionati a darci una mano. Di spazi se ne stanno aprendo, uno di questi potrebbe essere ad esempio l’ex Manifattura».

Il dirigente dell’istituto, Federico Samaden, ha però tracciato un quadro dei giovani che si affacciano a questo mestiere che invita a una riflessione: «Vedo ragazzi che a 17 e 18 anni sono ancora molto fragili rispetto a quello che richiede il mondo del lavoro: tempi, fatica, impegni e sacrifici sono grandi in questo settore e notiamo che molti, alla fine, dopo un po’ cambiano lavoro perché non ce la fanno. Servirebbero i primi tre anni per concentrarsi sull’educazione, ma poi altri tre anni per un percorso di alta formazione, perché serve un capitale umano preparato rispetto alle aziende. Questa è una richiesta che giriamo al pubblico, ma che se non verrà ascoltata cercheremo di realizzare trovando sponde nel privato».

Sul tema è intervenuto anche Andrea Pulin, che proprio recentemente ha festeggiato i 95 anni di attività dello storico panificio di famiglia: «Gli stage dovrebbero essere più lunghi, durare di più: anche noi accogliamo ragazzi che vogliono fare esperienza, ma servirebbe forse più tempo dei classici tre mesi».

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