«Cassa rurale unica? È ancora presto»

di Denise Rocca

Fra pochi giorni farà un balzo avanti decisivo, con l'approvazione del decreto Milleproroghe che trasformerà in legge la costituzione di Cassa Centrale Banca, la creazione del polo di credito cooperativo che avrà la «testa» a Trento. Un traguardo che riapre il dibattito sui valori guettiani, le dimensioni, la rappresentatività dei soci. Dopo le tante fusioni che si sono succedute nell'ultimo biennio e la nascita di una capogruppo, l'immagine di un Trentino con un'unica cassa rurale è una prospettiva suggestiva o la visione di un futuro non poi così lontano? Ha aperto il dibattito il direttore de l'Adige Pierangelo Giovanetti nell'editoriale di ieri.  

«È certamente un'idea, non è che non ci si abbia pensato alla strada di una sola cassa rurale - coglie l'invito a rifletterci Enzo Zampiccoli presidente della rurale Alto Garda -. Guardando al passato del nostro territorio, abbiamo già avuto due banche a livello trentino che sono però sparite, quindi dovessimo riferirci a quello l'unica esperienza precedente che abbiamo non è stata positiva. Nulla vieta di ritentare però e in termini di popolazione probabilmente il Trentino avrebbe ragione di pensare ad un'unica Cassa. Ma se dovessi dire un numero perfetto, vedrei piuttosto sei casse rurali in questo momento, sarebbero un buon equilibrio fra la necessità di dimensione che l'economia contemporanea richiede e la capacità di rappresentare il territorio, di fornire un servizio su misura, di incidere sul sociale».  

La rappresentanza, il legame con i soci, il sostegno alla crescita anche sociale e culturale di un territorio sono l'altra metà della carta d'identità di quel fare credito che differenzia le casse rurali rispetto agli altri istituti bancari. «Il legame con il territorio oggi è reinvestire su di esso le risorse che ci vengono affidate - prosegue Zampiccoli - coglierne le necessità ed essere veloci nel fornire servizi, tutelare i risparmiatori e penso che avere al proprio interno economie diversificate aiuti a farlo, un po' come vasi comunicanti territori che hanno esigenze diverse possono aiutarsi a vicenda. Non è con l'assemblearismo che si risolvono i nodi della rappresentanza o del legame con il territorio, forme nuove vanno ricercate anche perché oggi fare banca non si può improvvisare, la competenza di chi amministra è imprescindibile». 

L'equilibrio da tenere fra dimensioni economiche e radici con la propria terra è un tema chiave: «Che con le norme bancarie si ridurranno gli istituti penso sia una cosa della quale siamo consapevoli e un processo in corso - commenta Andrea Armanini , presidente della Cassa Rurale Giudicarie Valsabbia Paganella - la vicinanza al territorio d'altronde non penso possa realizzarsi con una cassa unica perchè alcune tematiche non si riuscirebbero ad affrontare: pur nella consapevolezza che le dimensioni degli istituti di credito oggi sono importanti non possiamo solo riempirci la bocca di "vicinanza al territorio", ma dobbiamo attuarla e le cose sono piuttosto complicate. In Trentino possono starci istituti più ampi di quelli attuali, questo è vero, balzare ad uno unico per ora mi pare troppo perché appunto i valori vanno trasformati in atti concreti: la vicinanza con il territorio e la capacità su di esso di sostenere imprese, famiglie, associazioni rimane il tema fondamentale delle rurali, altrimenti si diventa una banca come le altre».  

Nel dibattito aggiunge una variabile, Armanini: «La differenza che ci può essere fra fare banca di territorio in una valle rispetto ad una cittadina è molto grande - argomenta il presidente - Non è da poco capire quante rurali possono convivere: in un territorio piccolo avere o meno una cassa rurale fa una grande differenza, perché qui è la Cassa che aiuta un'impresa a partire, un giovane a fare imprenditoria, certamente è un peso diverso rispetto alle cittadine dove ci sono alternative, altri canali che si affiancano alle Casse. Fare una Cassa unica, per le valli periferiche in questo momento rischia di essere un impoverimento».

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