Solidarietà e 50 esuberi La Pama paga la crisi

di Matthias Pfaender

Un altro anno di contratto di solidarietà, il quarto di seguito, e 50 esuberi. Questo, in sintesi, il probabile punto di caduta della trattativa in corso in Pama, iniziata lo scorso autunno con la prospettiva di 90 esuberi sui 300 totali impiegati nello stabilimento di Rovereto e la cessazione, con la fine del prossimo marzo, dell’esperienze contratto di solidarietà.

La contrattazione tra i sindacati (Fiom Cgil e Fim Cisl) e la direzione è ancora in corso. Molti i punti collaterali da definire all’interno del quadro generale; dalla riorganizzazione interna del lavoro alla discrezionalità aziendale nella scelta dei tagli del personale (aspetto questo che ha provocato un clima molto difficile all’interno) fino al percorso di investimenti già in essere per l’ammodernamento delle produzioni, che si vorrebbe aprire anche al settore aerospaziale.

Comunque vada, per Rovereto e la Vallagarina si tratta di un altro duro colpo sul piano sociale. Gallox, Marangoni, Marsilli, Malgara. Ora anche Pama. È sempre più lungo l’elenco di realtà industriali di grandi dimensioni fallite o in pesante crisi il cui epilogo ha avuto pesanti ripercussioni occupazionali. E se la prospettiva di un ulteriore - l’ultimo per legge - anno di ricorso al contratto di solidarietà permette di puntare ad ottenere la «Naspi» (Nuova assicurazione sociale per l’impiego), ammortizzatore sociale introdotto dal Jobs Act, per tutti i lavoratori per 24 mesi (aprendo quindi una finestra complessiva di 36 mesi di «tranquillità» per ciascun lavoratore) dall’altra l’età mediamente bassa dei lavoratori impedisce di ricorrere a forme di accompagnamento alla pensione: meno della dita di una mano i lavoratori potenzialmente inclusi.

Pama è un’impresa specializzata nella produzione di grandi macchine utensili, alesatrici-fresatrici, molto orientata all’export ed una delle aziende storicamente forti del Basso Trentino, con lavorazioni ad alto valore aggiunto. Il futuro dell’azienda, guidata dall’ad Ettore Batisti, partecipata anche da Marangoni e da Ubi Banca, corre su un doppio binario. Da un lato l’annunciato piano di investimenti, già in essere. Dall’altro l’obiettivo di ridurre i costi di produzione, intervenendo sulla forza lavoro.

Per i confederali il brusco rallentamento del mercato cinese ed il crollo del costo del petrolio sarebbero alla base della crisi. Gli investimenti mondiali nei macchinari Pama, utilizzati in gran parte nell’industria energetica «green» (dall’eolico al solare) per la realizzazione delle centrali produttive, si sarebbero interrotti con la picchiata dei prezzi del greggio. L’investimento nell’energia alternativa slegata dai combustibili fossili ha cessato di sembrare conveniente ai grandi gruppi industriali dei Paesi emergenti.

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