Intervista

Stefano Bollani: «Suonare da solo e nella natura è fantastico»

Parla il celebre jazzista che domani sera, 19 giugno, sarà in scena ai Giardini Trauttmansdorff di Merano, nell’unica tappa regionale del suo tour PianoSolo. «Mi piace tantissimo questa dimensione, sono un grande fan dei Suoni delle Dolomiti, non solo della realizzazione ma dell’idea che andrebbe esportata, cioè di suonare nei luoghi e nel rispetto della natura»

TRENTO - È quella del 19 giugno, alle 21, ai Giardini di Castel Trauttmansdorff di Merano l’unica tappa del tour estivo Piano Solo di Stefano Bollani. Come è ormai consuetudine quando Stefano Bollani sale sul palco, ogni concerto promette di essere un evento unico. Nelle sue performance non c’è niente di programmato e il flusso musicale è governato dall’estro del momento. Per Bollani la musica è come un enorme gioco da re-inventare in continuazione, da solo o con i partner più diversi. Bollani cerca stimoli in tutta la musica del passato ma soprattutto esplora il presente, l’attimo, improvvisando a fianco di grandi artisti come il suo nobile mentore Enrico Rava, Chick Corea, Richard Galliano, e Bill Frisell.

Stefano Bollani, a Merano si presenterà con il suo concerto per Piano Solo in un contesto open air.

Le piace suonare all’aperto e da solo?

Mi piace tantissimo questa dimensione, per restare in regione sono un grande fan di “Suoni delle Dolomiti”, non solo della realizzazione ma dell’idea che andrebbe esportata, cioè di suonare nei luoghi della natura nel rispetto della natura stessa, non porti un rave da discoteca in un posto dove ci sono gli uccellini, devi trovare la cosa giusta.

A me piace molto suonare da solo perché mi piace molto suonare con gli altri. Quando poi mi ritrovo da solo è come se facessi un riassunto di quello che ho imparato, in questa sintesi metto dentro tutto quello che ho voglia di raccontare. Non sono davvero da solo: suono con il pubblico e con gli spiriti dei musicisti che mi proteggono e con cui ho suonato la sera prima.

Quanta improvvisazione c’è nel suo flusso di note?

È un concerto che si svolge nel presente, molto improvvisato perché non avendo nessuno con cui concordare le cose non le concordo e le lascio fluire, Due giorni fa la scaletta non l’ho proprio fatta. Di solito ne faccio una ma sono pronto a disattenderla perché tanto la conosco solo io. Poi fossero anche gli stessi pezzi della sera prima, non sono mai uguali, nascono in maniera diversa e confluiscono in qualcos’altro, con una struttura diversa e un ritmo diverso.

Lei spazia appunto fra i generi e le epoche: da dove questa scelta?

Per me i musicisti sono tutti contemporanei. Per esempio, quando è morto Pino Daniele il dispiacere lo provavano quelli che lo conoscevano. Per me non è mai morto come non è morto Stravinskij, Beethoven o Bach.

Nel momento in cui li ascolto o li suono, sono lì con me. Quindi giocare a saltare tra epoche e stili diversi mi sembra una cosa naturale perché sono tutti qui. Quando suono un do maggiore, tutti quelli che hanno usato un do maggiore sono lì, è per questo che il do maggiore è bello, perché c’è tanto passaggio dentro, si sente ogni volta che suoni un accordo che è stato utilizzato da tanti prima di te e in un certo senso ti aiutano.

L’empatia che si crea con il pubblico è una sua prerogativa.

Spero che il contatto con chi mi ascolta continui a divertirmi per sempre. È una cosa che faccio da tantissimi anni e ancora oggi mi diverto all’idea che mi arrivino due brani difficili da collegare insieme. È una bella sfida trovarli come lo è anche nella vita quando ti succedono mille cose ma non colleghi i puntini.

Sono segnali che la vita ti manda ma tu sei distratto. In questo senso la musica ti fornisce la chiave di puntini, essendo tutto un segnale, tutto è collegato non dai collegamenti che immaginiamo noi che sono spaziali, temporali, logici ma dal punto di vista artistico è una cosa sola perché stiamo usando il linguaggio della musica.

La sua dimensione catodica si lega al programma “Via dei Matti”: ci sarà una nuova stagione?

Non è ancora sicuro ma dovremmo andare verso la quinta edizione. Io e Valentina siamo molto contenti, continuiamo a divertirci perché sentiamo che è un privilegio andare in tv a parlare di musica.

Il futuro di Bollani?

Sono stato a Cannes da poco perché ho scritto le musiche per “Marcel et Monsieur Pagnol”, un film d’animazione di Sylvain Chomet che uscirà ad ottobre.

Sono molto contento del lavoro che abbiamo fatto, è molto ambizioso, è un lavoro con un gruppo jazz, orchestra sinfonica e tantissimi musicisti che dovrebbe uscire anche in disco.

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