Danilo Barozzi: "Fumetto come strumento educativo? C'è un pregiudizio mai scardinato"
Al Festival dell’economia è intervenuto il noto artista che lavora per la Disney e ha "firmato" anche tanti Geronimo Stilton e molto altro, ha dedicato una parentesi al Muse ai più piccoli, durante il panel “L’economia di Paperone”
TRENTO. Il Festival dell'economia "si è preso la città". File e file di persone si sono presentate per "gli oltre 300 eventi" che hanno colorato, per qualche giorno, la città di arancione.
Tra le basi principali le sedi istituzionali, pensiamo a piazza Dante - blindata per l'occasione - ma anche zone più lontane dall'intenso via vai di ministri e politici, come nel caso del Muse.
Nella mattinata di giovedi 22 maggio, proprio il Museo ha ospitato orde di scolaresche, accorse per vivere in prima persona l'esperienza di incontrare, ed osservare all'opera, la mano capace di disegnare una parte significativa del loro immaginario.
Danilo Barozzi è un fumettista, lavora dagli anni '90 per la Disney, ma non solo: ha "firmato" tanti Geronimo Stilton, come anche le illustrazioni di vari libri fantasy ("Cronache del Reame Perduto", "I cavalieri del Regno della Fantasia" e "Le Tredici Spade"). Di seguito l'intervista.
Fumetti al Festival dell'economia: quanto e come viene trattato il tema economico, che si parli di precarietà, crisi o lavoro? Le è mai capitato di dedicarsi a storie relative?
In realtà no, il mio pubblico è un pubblico di bambini e non se ne occupano molto, se non lateralmente, guidati dai genitori. È capitato come nel caso della collaborazione tra Disney e Sole24Ore, per il resto fumettisti ed economia non vanno d'accordo. Per il sistema giuridico è un lavoro che "non esiste", da qualsiasi punto di vista: cercare un inquadramento è difficile, non c'è un regime fiscale. In Francia e in Inghilterra sì, in Italia siamo totalmente ignorati. Sono stati provati dei tentativi di mobilitazione, ma mancano i numeri, anche per stabilire un sindacato.
L'economia di Zio Paperone è epica ma quella di Paperino sembra, purtroppo, più realistica: come crede sia giusto affrontare, da disegnatore, un tema come quello della "povertà"?
Sicuramente è interessante come è trattato in Disney, perché arriva da un periodo in cui la maggior parte della popolazione era "povera", tra gli anni '50 e 60 - faceva molta simpatia, adesso, forse, è più drammatico. La si tratta in modo delicato. Paperino, per esempio, non si capisce come possa guadagnare, ma è meno disagiato, la società è cambiata. Chiaramente non si può trattare in maniera totalmente seria, il pubblico è comunque giovane.
La società cambia, l'approccio dei fumetti anche?
Ovviamente ci sono periodi in cui la società si evolve in una certa direzione, il politicamente corretto è più importante. Ho vissuto il periodo di passaggio in cui hanno dovuto censurare vari elementi, alla fine degli anni '90. In quel periodo i genitori americani erano molto attenti al tema, ad un certo punto Topolino finiva per arrestare Gambadilegno puntando le dita a mo' di pistola.
Il fumetto come strumento educativo: vedrebbe più spazio rispetto a quello avuto negli anni?
C'è un pregiudizio sul fumetto che non è mai stato scardinato, i fumetti vanno bene "finché si fatica a leggere", "si guardano le figure". Come sistema educativo viene sempre relegato ai primi anni di scuola, o comunque a situazioni culturali inferiori, almeno nel nostro mercato. I mercato franco-belga ha il fumetto d'autore, da noi è rimasto di nicchia. Non fa realmente parte della cultura popolare.
Il manga, invece, sembra essersi preso questo ruolo.
Hanno invaso il mercato, creando anche ambiguità culturali: tanti riferimenti alla cultura giapponese non vengono capiti fino in fondo. Quelli che vengono letti come stereotipi, potrebbero essere fastidiosi. La società giapponese ha un certo tipo di educazione, ironizzano sulla maleducazione nei manga proprio perché i giapponesi hanno una correttezza estrema, da noi non viene colto totalmente.
Sono comunque, economicamente, preponderanti.
"L'invasione" è giusta, è stato lasciato campo libero: in Italia è rimasto poco spazio i nostri fumettisti cercano spazio all'estero. il manga si è preso il mondo: hanno puntato su una qualità discreta, spendendo meno nella produzione, sono state mosse intelligenti. L'unico modo per resistere è lasciarsi contaminare: il fumetto subirà una grossa influenza. Per quanto non ci siano prodotti equiparabili a manga e anime, il fumetto è gia influenzato, sia per come si raccontano le storie che per stile, disegno.
Il classico contemporaneo: come vede il ruolo dell'IA generativa nel mondo della fumettistica?
Chi ha esperienza nel settore può riconoscere un'immagine generata, il pubblico spesso no. Per esempio, lo scorso Natale ho visto una pubblicità con un Babbo Natale che aveva tre file di denti: errori del genere sfuggono. Sicuramente c'è da fare i conti con questo tema, toglierà una fetta di mercato, ma spero che si trovi una strada per convivere con l'intelligenza artificiale. Ho provato a generare immagini, ma non sono mai quelle che ho in testa, manca la personalità di chi pensa: si ottiene un prodotto, tecnicamente anche migliore, ma manca l'intenzione iniziale vera, che è quello che veramente vuoi comunicare.
Parliamo di disegni, qual è il personaggio che preferisce disegnare?
Paperoga, adoro i personaggi un po' strampalati, un po' "fuori dal contesto".
Invece le storie che racconta più volentieri?
Mi piacciono molto le storie di fantascienza o fantasy, quando sono scollegate dalla realtà. Non amo rimanere vincolato a temi della realtà.