Teatro / L’evento

Loredana Cont ritorna al Sociale con la nuova versione del suo “Te’n conto una…anzi doe”

L’attrice: “Oggi come sempre devi far ridere con le idee. Devi saper toccare certe corde perché si ride per una battuta ma anche perché ci si riconosce in una situazione”

TRENTO. Sono passati diciassette anni, era il 2005, dalla prima di “Te’n conto una…anzi doe” uno dei più fortunati monologhi di Loredana Cont. Ora l’autrice, attrice e comica trentina ha deciso di riportare in scena questo spettacolo adeguandolo, come ci racconta lei in questa intervista, alla società e ai tempi che in questi anni sono decisamente cambiati. L’appuntamento è quello di martedì 6 dicembre, alle ore 20.30, al Teatro Sociale nell’ambito degli eventi natalizi proposti dal Centro S. Chiara in un programma all’insegna della comicità, della musica e dell’arte circense.

Loredana Cont, come mai ha deciso di riportare in scena “Te’n conto una…anzi doe”?

“Ho pensato che questa speciale occasione al Sociale fosse l’ideale per rispolverare uno dei primi monologhi che ho fatto ad inizio millennio. Non lo portavo in scena da anni ma a suo tempo era stato apprezzato. Ho mantenuto i momenti che piacevano di più ma ho aggiunto anche qualcosa di nuovo. I miei spettacoli sono sempre basati sulla quotidianità e sul rapporto tra le persone, il tutto visto con uno sguardo ironico. Visto che i tempi cambiano, cambia un po’ lo spettacolo ma di fondo i comportamenti, le ansie restano gli stessi, andiamo solo un po’ più di corsa. Ad esempio il fatto di preoccuparsi per i figli è valido adesso come lo era trent’anni fa”.

Quanto c'è nello spettacolo di questo periodo difficile?

“Ho aggiunto un accenno a questi anni di ansie che stiamo passando, che vorremmo dimenticare ma che non è giusto dimenticare del tutto. Ad esempio parlo dell’approccio alla salute perché è cambiata la consapevolezza di dover fare prevenzione, di avere stili di vita diversi. Un po’ è cambiato il nostro modo di vivere perché siamo influenzati dalle mode, da questi bombardamenti di notizie che ci vogliono influenzare”.

Che effetto le fa tornare sul palco del Sociale?

“E’ uno di quei teatri dove capisci che devi essere nella miglior forma. Il Sociale non è un teatro per tutti. E’ un onore e una soddisfazione recitare in un posto pieno di storia”.

Com'è cambiato negli anni il pubblico dei suoi spettacoli?

“Il mio da sempre è un pubblico adulto: io faccio teatro dialettale, quindi non vengono a vedermi molti giovani ma visto che sono venticinque anni che recito da sola mi capitano anche strane situazioni”.

Ad esempio?

“Una sera ho incontrato una ragazza che mi ha raccontato di essere venuta a vedermi perché la loro mamma incinta aveva assistito a un mio spettacolo e aveva riso talmente tanto che l’aveva partorita subito dopo”.

Anni di teatro in tutto il Trentino: c’è un episodio che le è rimasto nel cuore?

“Ce ne sono tanti. Sono sempre felice di vedere gente anziana perché è quella che di solito non si muove di casa, soprattutto nei teatri dei paesini. Io faccio teatro perché mi dà piacere farlo e dà tanta soddisfazione anche recitare nei posti più piccoli. Ho un ricordo legato a Patone sopra Isera: erano già le 20.30 e mi avevano chiesto di non iniziare lo spettacolo perché una signora anziana che era stata la prima a comprare il biglietto non poteva muoversi di casa visto che aveva nevicato tanto ed erano andati i pompieri a prenderla. Ecco, questi episodi ti ripagano di tutto”.

Quanto è difficile far ridere oggi in dialetto trentino?

“Oggi come sempre devi far ridere con le idee. Devi saper toccare certe corde perché si ride per una battuta ma anche perché ci si riconosce in una situazione. Il dialetto ha delle parole, delle espressioni che in italiano non sono traducibili e che fanno ridere di per sé. Inoltre è una macchina del tempo, ha una forza evocativa che l’italiano non ha. Dicono sia teatro di serie B ma secondo me ha una funzione sociale”.

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