Musica / L’intervista

Gianluca Petrella e Riccardo Onori ai Suoni delle Dolomiti fra jazz e sperimentazioni

La coppia formata da Gianluca Petrella e Riccardo Onori da tempo trova la sua linfa nelle forme poliedriche della loro musica

TRENTO. La coppia formata da Gianluca Petrella e Riccardo Onori da tempo trova la sua linfa nelle forme poliedriche della loro musica. Petrella ed Onori sono infatti compositori, strumentisti, produttori e soprattutto musicisti liberi da ogni preconcetto, capaci di spaziare senza imbarazzi fra il jazz e l’elettronica, il pop e la psichedelia. I due musicisti saranno protagonisti del concerto di lunedì 13 settembre, alle 12, al cospetto delle Dolomiti di Brenta, a Malga Vallesinella Alta con recupero previsto alle 17.30, nello spazio del Palacongressi di Madonna di Campiglio. Con Gianluca Petrella, considerato uno dei maggiori trombonisti internazionali, il chitarrista toscano Riccardo Onori che in questa intervista ci racconta il loro incontro, nel segno di Jovanotti nella cui band suona ormai da anni.

Riccardo Onori, com' è nato il suo sodalizio con Gianluca Petrella?

"Con Gianluca ci conosciamo da tantissimi anni, fin da quando era venuto a Bologna per motivi di studio. L'ho sempre seguito da lontano senza però aver mai avuto la possibilità di lavorare insieme fino a quando c’è stata l'opportunità di chiamarlo a far parte della band di Lorenzo Cherubini Jovanotti".

Cosa l’ha convinta a percorrere con lui allora questi percorsi sonori?

"Petrella è davvero un musicista pazzesco, riesce a integrarsi in maniera perfetta in tutte le situazioni anche perché non è solo un jazzista ma uno che ha spaziato in un sacco di generi musicali come ad esempio la musica elettronica. E’ un jazzista atipico e questo mi piace molto. Dopo aver suonato insieme nel gruppo di Jovanotti abbiamo avuto tante altre possibilità di collaborare: lui ha suonato nel mio disco, di cui è anche coautore di un brano e a sua volta mi ha chiamato a lavorare in alcuni suoi progetti. Piano piano siamo diventati sempre più collaborativi e questo rapporto artistico mi fa molto piacere".

Cosa proporrete per i Suoni delle Dolomiti?

"Ci presenteremo a Malga Vallesinella Alta con una strumentazione basica: io ad esempio avrò solo un amplificatore a batteria per la mia chitarra. Sarà una situazione molto minimale, tipo Buskers, non avremo la possibilità di usare quegli effetti speciali che ci divertiamo a manipolare nei nostri set abituali. Lo abbiamo già fatto in passato e in realtà alla fine è come asciugare i pezzi, andare alla ricerca dell'essenziale. Di fatto la scelta dei brani viene ponderata anche a seconda della formazione, dobbiamo essere scheletrici, quindi il brano deve avere una forza sua. E’ un aspetto interessante della musica perché quando vai all'essenza devi riuscire a trovare le cose che stanno in piedi con poco. Ci affideremo molto anche all'improvvisazione, penso che sceglieremo dei brani con dei temi e soprattutto avremo molto spazio per improvvisare".

Fra i progetti che vi hanno unito anche quello nel segno di “The Invisible Session. Echoes of Africa” un lavoro che ho trovato davvero ispirato.

"Il disco è stato prodotto da un'affiliata della label Schema Records. Un paio d’anni fa Luciano Cantone ci ha chiesto di fare un viaggio sonoro in Africa, cercando di utilizzare le scale tipiche africane. Prima di registrare questo lavoro io e Gianluca le abbiamo studiate a fondo. Sono molto particolari, ogni scala ti porta in una zona diversa del continente. Soprattutto Petrella ha scritto diversi brani cercando di utilizzarle e penso che sia davvero un lavoro molto ispirato".

Un viaggio nell'anima della grande Madre Africa.

"Sì, è quasi come fare un viaggio alle origini di tutto, perché il Corno d'Africa è la zona dove l'essere umano è nato e penso che alla fine sia anche dov'è nata la musica perché da studi scientifici sembra che la musica sia pre-linguaggio. Per noi è stato un po’ un ritorno alle origini della nostra passione e deve ammettere che è stato davvero suggestivo ed interessante".

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