Danza / Intervista

"Così indago il senso del giusto, fra elettori e decisori"

Il coreografo Carlo Massari racconta "Right", la sua ultima creazione, in prima nazionale stasera alla Cartiere di Rovereto per il festival Oriente Occidente sul filo sulla stravinskiana “Sagra della primavera”

di Fabio De Santi

ROVERETO. Prima azionale questa sera, mercoledì 8 settembre balle 22, al Teatro alla Cartiera per “Right” l'ultima creazione di Carlo Massari, artista associato a Oriente Occidente per il biennio 2021-2022. Con “Right”, firmata C&C Company e Opus Ballet per la coreografia di Carlo Massari, l'autore bolognese sceglie di lavorare sulla stravinskiana “Sagra della primavera” per raccontare un presente nel quale la morale spesso vacilla.

Il titolo riverbera sia i molteplici significati della parola inglese sia, per similitudine di pronuncia, il Rite (“Rito”) della partitura per balletto del compositore russo Igor Stravinskij di cui quest'anno ricorrono i cinquant'anni dalla scomparsa.

Massari, cosa racchiude il suo ultimo lavoro "Right"?

"Questa creazione mescola diversi linguaggi, è un’azione, parlata, cantata, danzata. Right tenta di raccontare una sorta di futuro distopico, una società alle prese con l'estinzione.

L'atmosfera, la location, l'ambientazione è un allevamento intensivo. Le due tematiche, non voglio svelare troppo, che qui mi prendo in considerazione, sulle quali sto lavorando, sono lo sfruttamento e il trattamento soprattutto delle bestie all'interno degli allevamenti intensivi e allo stesso tempo il corpo della donna".

E tramite questo titolo cosa vuole indagare del nostro presente?

"Right gioca sulla parola, sul gioco di parole tra Rite inteso come rito, ritualità, quindi da Rite of spring, e invece il senso del giusto, giustizia, il Right.

Un gioco di parole che mi aiuta per raccontare il cos'è giusto, chi decide cosa sia giusto all'interno della società e chi elegge coloro che sceglieranno il giusto per quella società e allo stesso tempo come, quelli che scelgono il giusto, possono determinare cosa sarà giusto nella vita di una persona.

Nella sagra della primavera di Stravinskij vediamo l'elezione di una vergine che verrà sacrificata agli dei in nome del raccolto, della prosperità. Ecco che qui invece avremo un sacrificio di sei vergini che verranno in qualche modo allevate per il sacrificio.

Il lavoro è complesso, in scena ci sono tre generazioni: le vergini - le danzatrici tra i 19 e i 29 anni -, un gruppo di anziane, una sorta di ex vergini che si devono prendere cure delle nuove vergini per tramandare la specie; e ci sono le bambine".

In scena ci sono solo ragazze.

"Ho voluto una presenza solo di femminilità. Ho voluto tentare di lavorare su una relazione pura tra donne. Il lavoro ha avuto una gestazione lunga, il periodo di prove è stato un periodo di reale ricerca, non è stato un semplice passaggio di materiale, ma un periodo in cui mi sono fatto portatore di un messaggio, di un'idea, di un concetto, ma poi questo concetto è stato lavorato è stato elaborato assieme alle interpreti".

Come si è interfacciato con la partitura di Stravinsky?

"La partitura di Stravinskij è stata pedissequamente analizzata, nel senso che ancora prima di iniziare la produzione abbiamo fatto un lavoro proprio di lettura musicale, coadiuvati, accompagnati, da un'esperta. Da lì abbiamo fatto un lavoro sulla ritmica stravinskiana e sulle sue variazioni ritmiche: la musica per me è elemento di scena totale, non è mai nei miei lavori un semplice  accompagnamento. Oggi è una grande responsabilità lavorare sulla Sagra della primavera perché ha avuto dei maestri non da poco che hanno segnato la storia della danza, del nuovo, del contemporaneo, dell'innovazione. Dall'altra parte ritengo che se non iniziamo a smitizzare, senza volere rovinare, storpiare, ma smitizzare con coraggio ciò che è stato, difficilmente riusciremo ad evolvere in un futuro e rimarremo legati sempre legati al passato, problema che il nostro Paese ha da diverso tempo. Anzi, nelle sue radici".

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