Coralità / Il dibattito

Cori di montagna, abbiamo un problema: ai giovani non interessano più, e serve una vera «rivoluzione culturale»

Il parere di presidenti e direttori trentini: l’allarme del Coro Dolomiti tocca un nervo scoperto, ma qualcuno pensa alle soluzione ed ha iniziato percorsi più inclusivi. E «basta col cantare davanti a gente che mangia e beve bianchi»

IL CASO Il "Dolomiti" rischia di scomparire

di Daniele Benfanti

TRENTO. Di solo canto popolare alpino si può... morire. L'annuncio delle difficoltà nel ricambio generazionale dello storico Coro Dolomiti di Trento (72 anni di storia), che ne mettono a rischio la stessa sopravvivenza (si prenderà una decisione nell'assemblea tra tre settimane), ha innescato un'ampia riflessione nel mondo della coralità trentina.

Il presidente del Coro Dolomiti, Giacomo Santini, ha parlato delle maggiori difficoltà che si incontrano in ambito urbano a cercare chi si impegni in un coro tradizionale.

Abbiamo interpellato, allora, alcuni direttori e presidenti di coro di diverse zone del Trentino.

Adriano Dalpez è lo storico direttore del Coro Sasso Rosso, della val di Sole. «Il ricambio generazionale? Nessuno ha la soluzione. L'unica strada è far conoscere il canto popolare trentino, raccontarlo, oltre che interpretarlo. In passato anche noi in qualche momento eravamo in difficoltà con i giovani. Ora, per fortuna, no. Anzi, ci sono diversi giovani che chiamano, che vogliono avvicinarsi al nostro mondo».

Dalpez incarna l'ala della coralità trentina più fedele alla tradizione: «Qualche volta si è banalizzato, ci si è appoggiati ai rifugi, si è andati a cantare mentre la gente mangia o beve un bianco. No. Lo sfondo deve essere quello giusto: un'alba, i silenzi. E ci sono troppi repertori, troppe poesie musicate. Serve uno sforzo per un progetto provinciale serio. Oggi c'è più individualismo, non si canta più in maniera spontanea. Se i giovani ascoltano un coro e si creano le occasioni, poi si appassionano. E bisogna prevedere anche momenti di valutazione dei cori. Serve creare un movimento culturale».

Per Dalpez ha inciso anche la scomparsa dei vecchi maestri e direttori di coro: «In molti cori ci sono diplomati del conservatorio. Bravissimi, ma diventa un mestiere. E i cori dei bambini sono una sciocchezza: finita la scuola, chi li vede più».

Andrea Fuoli, 32 anni, da quando ne aveva 18 è direttore del Coro Genzianella di Roncogno, frazione di Pergine, e dirige anche l'Orchestra giovanile trentina: «Durante questi 18 mesi di pandemia - racconta - abbiamo cantato online e ha funzionato. Abbiamo addirittura aumentato l'organico e inserito tre nuovi allievi. Nemmeno noi possiamo dirci un coro di paese: un tempo l'80% dei cantori erano di Roncogno, oggi solo 3-4 su più di trenta. Vengono da Trento, Pergine. L'età media è 43 anni. Ho l'impressione che - come accaduto per certe aziende - durante il Covid i cori forti si siano rafforzati e quelli un po' in difficoltà si siano indeboliti. Da tempo i cori puri di montagna faticano a fare presa tra i giovani e i cori maschili sono poco accattivanti per i ragazzi. Il problema è vincere il primo approccio, che come per lo sport o per uno strumento musicale va fatto da bambini, intorno ai 10 anni. A 20 anni un ragazzo quasi si vergogna di dire che canta in un coro. Ma non se ne fa parte da quando era adolescente. Perché sa di avere una socialità e competenze».

Roberto Berté è presidente del Coro Cima Verde di Vigo Cavedine, in Valle dei Laghi, 40 elementi (tre in aspettativa), 25-30 concerti ufficiali l'anno in epoca pre-Covid. «La nostra età media è sui 50 anni - spiega - e abbiamo cantori anche da Trento, Garniga, Malcesine. Il ricambio avviene attraverso il coro giovanile, molto femminile, ma i pochi maschi transitano quasi tutti nel coro dei grandi. Non nascondo che oggi il canto popolare attira fino a un certo punto e bisogna saper adattare il repertorio ai tempi, inserendo qualche brano di cantautori. Invecchiano i cantori, ma anche il pubblico, quindi va fatto qualche compromesso per piacere ai giovani. Il canto popolare è come l'opera: o piace o non piace, purtroppo. E ci siamo fatti conoscere esibendoci una ventina di volte al Palatrento, negli ultimi 5 anni, prima delle partite dell'Aquila Basket.

Roberto Sandri è presidente del Coro Valsella di Borgo Valsugana: «Non abbiamo un'età media elevata, ma il problema esiste e il Covid sta rendendo difficile qualsiasi programmazione. Il nostro vicemaestro dirige un coro giovanile e il nostro statuto prevede che chi è idoneo diventi titolare nel Coro Valsella. Come coro di montagna abbiamo cercato di leggere i tempi, senza rinunciare alla tradizione, ma completando il canto popolare tradizionale con teatro, drammatizzazioni, narrazioni che piacciono al pubblico ma motivano anche i nostri cantori più giovani».

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