Cultura / L'intervista

«Com'è sorprendente la vita»: Luca Barbarossa presenta un'autobiografia "irregolare"

Parla il noto cantautore che sarà protagonista con il suo libro dei sessant'anni sabato 14 alle Terme di Comano per «Trentino d'Autore» e lunedì 16 a San Martino di Castrozza nell'ambito di Dolomitincontri

di Fabio De Santi

TRENTO. Un'autobiografia irregolare, quasi un romanzo di formazione che procede chiedendo passaggi in autostop alla memoria, per tornare alle piazze europee che da adolescente batteva con stivali texani ai piedi e chitarra in spalla, o ai grandi palchi, ai successi sanremesi, prendendosi gioco del tempo che «si allunga, si accorcia, è prematuro, in ritardo. Ma che a volte però è di una puntualità spiazzante».

L'autobiografia è quella di Luca Barbarossa racchiusa nelle pagine di "Non perderti niente" e pubblicata da Mondadori.

Un libro che il cantautore romano, autore di canzoni come Roma spogliata, Via Margutta, L'amore rubato e Portami a ballare, presenterà sabato 14, alle 17, alle Terme di Comano per «Trentino d'Autore», e lunedì 16, alle 18, a San Martino di Castrozza, alla Casa della montagna nell'ambito di Dolomitincontri.

Barbarossa, fin dal titolo, "Non perderti niente", questo libro è un inno alla vita che "cambia e sorprende ad ogni curva".

«Si, è un inno alla vita, alla vita vera: quella che si consuma al di fuori dalle mura domestiche, andando in giro, osando e contaminandosi con altre culture, persone, mondi diversi. La musica mi ha aiutato molto in questo perché sono andato via da casa molto giovane per fare il musicista di strada. "Non perderti niente" in questo periodo è anche un'esortazione ad andare incontro agli altri, incontro al mondo e non chiudendosi dietro lo schermo di un computer o di un cellulare».

[Luca Barbarossa in concerto davanti a un nutrito pubblico, a malga Cambroncoi (Sant'Orsola), nel 2019, per "Lagorai d'incanto"]

Quando ha pensato che fossero i suoi primi sessant'anni il momento giusto per pubblicare queste pagine.

«La scintilla è stata proprio quella di un momento, di un appuntamento, "drammatico" come quello dei sessant'anni che io non mi sento assolutamente addosso. Il tempo va in una sola direzione, sa solo passare, andare avanti ma in realtà nei nostri ricordi noi viaggiamo nel tempo in continuazione ricordando le nostre esperienze. Io mi sento ancora lo stesso spirito di quando salivo sul palco da ragazzo, di quando registravo i primi dischi e partivo per i primi tour».

In quale modo allora ha scelto di raccontarsi?

«Questo libro è una sorta di regalo che mi sono fatto. Ho messo in fila una serie di episodi, di retroscena, di momenti della mia vita, dove non necessariamente il protagonista sono io. In queste pagine ci sono personaggi come Pavarotti, Maradona, Springsteen, Benigni ma anche Adriano Panatta il mio idolo da ragazzino quando facevo tennis agonistico. Gli incontri sono tanti come quelli vissuti con la Nazionale cantanti insieme a Morandi e Mogol così come i ricordi di un viaggio a Baghdad in Iraq durante la guerra che mi ha segnato e non dimenticherò mai. Poi c'è il Luca ragazzo con i suoi sogni e le sue esperienze private in pagine che sanno un po' di romanzo di formazione».

Filo conduttore dei suoi sessant'anni è la musica: si immagina la sua vita senza le sette note e questo fronte quale è stato il momento in cui ha capito che la sua vita era fatta anche di canzoni?

«La vita senza musica è inconcepibile, non si può neppure ipotizzare dal punto di vista emozionale. Nel libro racconto che la molla di questa passione si lega a Londra dove mi sono recato da ragazzo per studiare l'inglese lavorando per mantenermi. Lì, grazie ad un'amica ero entrato in una specie di comunità di studentesse universitarie americane, tutte più grandi di me, alle quali avevo fatto credere di avere vent'anni anche se ne avevo solo diciassette. Loro suonavano la chitarra molto bene sulle note di Bob Dylan, Neil Young, James Taylor, Joan Baez, Carole King, gli Eagles... un suono folk rock morbido ed acustico. In quei mesi ho imparato a suonare la chitarra e ho deciso che quella sarebbe stata la mia vita e tornato in Italia ho cominciato a fare il musicista di strada».

La vita è fatta purtroppo anche di amarezze e di sconfitte.

«Tutte le nostre esistenze si legano a momenti amari, in cui tutto o quasi gira male. Noi artisti passiamo spesso attraverso progetti che non vanno in porto, attraverso porte chiuse che non si aprono. Secondo me le cosiddette "sconfitte" sono quelle che determinano anche le vittorie, le cose belle che vengono dopo nella nostra vita. Le sconfitte sono esperienze di cui fare tesoro, da cui ripartire, ricominciare il nostro cammino. Spesso i tentativi non riusciti anche per noi cantanti sono quelli che ti portano a scrivere un gran pezzo. Io credo che il lavoro alla fine paga sempre anche se al momento non sembra essere cosi: il successo è anche frutto di mosse sbagliate o che sembrano tali».

Nel libro ci sono diversi riferimenti ad un amico speciale che è anche un personaggio assai noto del mondo dello spettacolo.

«Devo essere sincero: pensavo che gli amici veri fossero quelli conosciuti durante l'infanzia, prima di diventare un personaggio pubblico. La vita mi ha smentito ancora una volta , scardinando i luoghi comuni perché in età più che matura ho conosciuto Neri Marcorè con il quale è nato un sodalizio artistico diventato anche un'amicizia molto forte. Neri, che è un grandissimo artista, è diventato mio complice in tante avventure in teatro, radio e televisione».

Oltre l'estate cosa c'è nel suo futuro?

«Dopo questo inedito, per me, tour estivo dedicato al mio libro, il 4 settembre farò un concerto unico all'Auditorium Cavea di Roma, che si lega anche a queste pagine nel ripercorrere le tappe importanti della mia vita di cantautore. Dal 13 settembre riprende il mio programma "Radio 2 Social Club" tutte le mattine su Radio 2 e su Rai 2».

A quando un nuovo disco?

«Un nuovo album è sempre all'orizzonte. Per me, che tendenzialmente amo le autoproduzioni, è però sempre più difficile trovare il tempo per registrare. Diciamo che se a venticinque anni pubblicavo quasi un disco all'anno adesso faccio passare di più fra un cd e l'altro... diciamo un cinque o sei anni».

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