Cultura / Musei

Caso Kezich, il siluro di Bisesti: «Era ora di cambiare», e attacca su numeri e «marketing» del Museo

La rimozione del direttore? Per l’assessore provinciale non è una cacciata, ma una promozione. E il presidente del Comitato Scientifico, Annibale Salsa, ammette: «Non ne sapevamo nulla»

SAN MICHELE ALL’ADIGE. Dal punto di vista scientifico Giovanni Kezich è ovviamente molto preparato ma dopo trent'anni è il momento di voltare pagina al museo etnografico di San Michele, dice l'assessore provinciale alla cultura ed alla conoscenza Mirko Bisesti.

Bisogna poi riconoscere, dice il noto antropologo Annibale Salsa, presidente del Comitato scientifico del museo, che a San Michele arrivano sempre meno contributi finanziari e visitatori.

Eccolo qui il senso della rimozione del direttore, nell'aria peraltro da tempo.Per Mirko Bisesti «un cambiamento dopo tanti anni è sano e necessario. Il Museo degli usi e costumi della gente trentina ha bisogno di un rilancio, che passa dalla riorganizzazione. Non è una decisione presa contro qualcuno: io guardo al bene del museo, e il bene del museo è il rinnovamento».

L'assessore provinciale alla cultura aggiunge che la rimozione non avviene «senza preavviso», come sostenuto da Kezich. «Nell'ultimo mese c'è stata un'interlocuzione con lui», puntualizza, controllando le date. Una interlocuzione, ribatte Kezich, consistita in una telefonata di meno di 5 minuti con l’assessore.

Ma Bisesti spiega: «Gli abbiamo prospettato delle possibilità. Del resto, quando abbiamo nominato il nuovo Consiglio d'amministrazione l'obiettivo era di rilanciare il museo». E ora, anche in vista della ripartenza post Covid e della rete territoriale degli ecomusei, «crediamo fortemente che San Michele possa giocare una carta molto importante».

Bisesti ringrazia Kezich: «Il riconoscimento alla sua figura di studioso è proprio nel nuovo incarico, assolutamente importante. Il percorso di Kezich può continuare con maggior vigore nel nuovo ruolo, invece che incardinato in un museo». Il nuovo incarico di cui si parla è «l'Unità di missione semplice rete etnografica, dei piccoli musei ed ecomuseale».

Il trasferimento di Kezich sarà effettivo dal 1° giugno.Il museo di San Michele «ha molte criticità da tanti anni - prima che io arrivassi - ed è giusto intervenire», conclude l'assessore.

«Non lo facessimo, tra qualche anno ci saremmo chiesti il perché. Il museo di San Michele non sta esprimendo tutto il suo potenziale, non solo dal punto di vista del numero dei visitatori; non sono il tipo che misura tutto coi "numeri", anche perché bisogna vedere come li fai, questi numeri».

«Non siamo stati informati sulle valutazioni che hanno portato a questa decisione», puntualizza l'antropologo Annibale Salsa. «È un provvedimento del Consiglio d'amministrazione e del suo presidente, non del Comitato scientifico di cui sono presidente. Sono questioni che esulano dalle nostre competenze. E il Cda è sovrano».

Dal punto di vista della competenza scientifica «non ho nulla da eccepire su Kezich», prosegue Salsa. «Sotto il profilo scientifico, etnografico, in trent'anni Kezich ha fatto cose importanti, gli ho rinnovato la mia fiducia e in una lettera gli abbiamo espresso stima e ringraziamento».

Quello di San Michele all'Adige è uno dei musei etnografici più importanti d'Italia; il più importante dell'area alpina. «Ma ci sono altri aspetti, non scientifici, di tipo pratico; valutazioni legate al marketing, alla visibilità e al numero di visitatori», riflette Salsa. «E sono anni, ormai, che il museo riceve sempre meno contributi finanziari, e come si dice in questi casi, non si può fare un matrimonio coi fichi secchi».Evidentemente sono state fatte valutazioni di carattere politico-amministrativo. «Ci saranno stati anche degli screzi con il presidente del museo Ezio Amistadi», conclude il presidente del Comitato scientifico, «e poi Kezich è abbastanza vicino alla pensione (gli mancano due anni, ndr)».

Agli screzi ha fatto riferimento lo stesso Kezich un paio di giorni fa parlando senza mezzi termini di «ritorsione di carattere privato» per «una differenza di vedute tra me e il presidente del museo, il quale evidentemente si è mosso per mandarmi in un ufficio che non esiste».

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