Ferroni e il suo libro su Dante: opera totale ed avvincente

di Giuseppe Colangelo

TRENTO - Dante, il poeta che esplorò tutta l'Italia e tutta la storia». Dice così Raffaele Crovi, riassumendo benissimo l'impressione che hanno provato e provano tutti i lettori della «Commedia» quando ripensano ai luoghi in cui il poeta è stato o nomina nel suo grande poema. Tanti anni fa, ai tempi del liceo, mi chiesi se qualcuno avesse mai provveduto a catalogarli, raccogliendoli in un libro di indubbia utilità. La professoressa di italiano, da me interpellata, rispose che non ne aveva notizia e neppure una puntata in biblioteca riuscì a soddisfare quella mia piccola curiosità. Pochi anni dopo, mentre ero alle prese con la preparazione dell'esame di filologia dantesca, su una delle tante bancarelle di libri usati, disseminate tra Port'Alba e Piazza Dante (dove altro se no?), a Napoli, trovai un opuscolo assai smilzo intitolato «Dizionarietto geografico dantesco», uscito a Genova nel 1922 per la cura di Ernesto Curotto. Ce l'ho qui tra le mani e quasi si rinnova la contentezza per quella lontana scoperta. Apro e rivedo l'elenco, in ordine alfabetico, delle località nominate nella Divina Commedia. Sono 281.

Si comincia con Acquacheta, f. , Inf., XVI, 97, per finire con Vercelli c. , Inf. XXVIII, 75. Beninteso niente di più che un prontuario ma agile e non privo di una certa qual funzionalità. Oggi invece basta premere il pulsante di un mouse e il computer rapidamente ti rivela che già nel 1873 Donato Bocci aveva pubblicato con Paravia un «Dizionario storico, geografico, universale della Divina Commedia di Dante Alighieri»; che nella sala trentina della Biblioteca comunale di Trento c'è il volume di Paolo Revelli «L'Italia nella Divina Commedia», uscito da Treves nel 1922 e persino il testo di una conferenza «L'Italia nel libro di Dante» tenuta da Vittorio Turri a Roma, stampato da Sansoni nel 1918. E che, di recente, lo studioso tedesco Hans Honnacker, per i tipi della Società Editrice Dante Alighieri, ha pubblicato ben due volumi sull'argomento: «Il giardino dell'impero. I luoghi danteschi dell'Italia nella Divina Commedia» (2016) e «Dante e il mondo: i luoghi geografici nella Divina Commedia» (2018).

Si tratta di pubblicazioni utili in varia misura che però, dopo l'uscita del libro di Giulio Ferroni L'Italia di Dante. Viaggio nel paese della Commedia (La nave di Teseo, Milano 2019), rischiano di diventare poco più che semplici indicazioni bibliografiche. L'autore, uno dei nostri più illustri italianisti ha percorso la penisola da nord a sud, dalle Alpi alla Sicilia, dal Piemonte al Veneto, da Ravenna a Benevento, da «l'isola d'i Sardi» allo stretto di Messina dove, tra Scilla e Cariddi, le onde dello Ionio si incontrano e cozzano con quelle del Tirreno, visitando di persona tutti i luoghi cantati da Dante. Un viaggio lungo svoltosi, in tappe e periodi diversi, tra il 2014 e il 2016, da cui Ferroni ha ricavato questo libro che in una nota per il lettore definisce «racconto / diario».

In realtà, come hanno giustamente osservato già altri prima di me, è molto di più. Sulla soglia di ogni capitolo Ferroni colloca sempre, pour cause, versi di Dante, poi però lo vediamo affidarsi di volta in volta alle pagine di scrittori del passato o contemporanei o viventi (si va - tanto per fare qualche nome - da Petrarca a Machiavelli, a Leopardi, a Pascoli, su su fino a Bassani, Gadda, Primo e Carlo Levi, Pomilio, Giudici, Zanzotto, Magris, Teobaldi); alle opere di pittori e scultori, alle suggestioni del paesaggio, alle conversazioni e agli scambi di idee sul presente, per raccontarci non solo la bellezza e la civiltà, ma anche le lacerazioni, il degrado e le brutture del nostro Paese.

Si veda, a titolo di esempio il capitolo dedicato a Trento (l'autore vi si è fermato prima di raggiungere la canonica «ruina» di Marco), nel quale il resoconto della visita alla città, ricco di riferimenti storico-culturali, si chiude in piazza Dante, dopo un commento puntualissimo al monumento del poeta, con questa annotazione: «Ora il piazzale intorno al monumento è in gran parte transennato: varie persone, specie extracomunitari, sostano stancamente tra i pochi spazi praticabili, vigilati da poliziotti e carabinieri, che sembrano disposti a protezione del Palazzo della Regione, che dà sulla piazza e sul quale è disposto uno striscione che segnala il grande Festival dell'Economia, che ogni anno si svolge a Trento e a Rovereto. Il tema di quest'anno era Classi dirigenti, crescita e bene comune. Ma un diverso minaccioso punto di vista viene esibito da uno slabbrato striscione appeso lungo il reticolato che blocca l'accesso alle aiuole del dantesco piazzale: «Il mondo vedrà le vostre piste sporche di sangue». Dunque, questo libro è tante cose insieme. Racconto di viaggio profondo nell'opera di Dante e nel corpo fisico dell'Italia, narrazione di uomini, di fatti, di storie, reportage e riflessione civile, sul filo continuo di una scrittura sempre chiara e coinvolgente, capace di svariare dalla densità della prosa saggistica alla maliosità della descrizione lirica.

Un libro davvero sontuoso. Mille e duecento pagine (compresi gli indici, fondamentali, dei luoghi e dei nomi) che scorrono lievi, lasciandoci il piacere autentico della lettura e dalle quali si esce arricchiti di cultura e di umanità.

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