Le certezze messe in crisi dal covid. Il libro del medico legale trentino Fabio Cembrani

Un anno fa un virus sconosciuto ha iniziato a viaggiare per il mondo mettendo in crisi il sistema sanitario e colpendo quello socio-economico, destabilizzando abitudini familiari, lavorative e relazionali, e limitando la libertà di movimento mentre medici e infermieri rischiavano e perdevano la vita per curare i malati.
«Covid-19: un organismo biologico insignificante che ha però deciso di venirci a sfidare dopo essersi stancato di vivere nel pipistrello con quel salto di specie che ha messo al tappeto il mondo»: così lo descrive il dottor Fabio Cembrani (foto) , per oltre venticinque anni direttore dell'Unità di Medicina legale dell'Azienda sanitaria trentina, che ha dedicato il suo nuovo saggio a Il virus che abbiamo inCoronato a re (Edizioni del Faro, 158 pagine, 15 euro).

La portata del fenomeno sfugge essendovi immersi e scrivere un libro "in diretta" può difettare di prospettiva, superato da una realtà in continuo divenire, ma il tratto peculiare del saggio è dato da due livelli di approfondimento: la riflessione del professionista e il punto di vista personale. Cembrani, infatti, ha contratto il virus sperimentando la malattia e, insieme alla sua famiglia, il confinamento in casa, la solitudine, la paura. Nelle pagine si ritrova così la cronaca dei fatti e il racconto di una quotidianità sconvolta, la dura critica di un sistema che guarda solo l'algoritmo, indifferente al destino dei malati, «in balia di un anonimato espropriante la nostra stessa umanità», e la condanna dell'irresponsabile negazionismo, nazionale e locale.

Senza voler dare ricette, a ispirare il libro è la volontà di «far riflettere sulle follie collettive innescate dalla pandemia per ritrovare la capacità di un pensiero autonomo», e l'autore pone l'accento anche sul fallimento della comunicazione pubblica in tempo di emergenza, sulla crisi dell'antropologia umana e sulla necessità di passare dal concetto di pandemia a quello di "sindemia", per tenere conto anche delle disuguaglianze sociali, delle povertà e preesistenti situazioni di cronicità e fragilità e dunque adottare politiche sanitarie più articolate e strutturate di quelle finora messe in atto.

Il libro, che in copertina e in quarta riporta i disegni di Chloe e Sophie, nipotine del medico legale trentino, parte dunque dall'analisi della «crisi dell'umana certezza», provocata da un virus che, al prezzo di troppi morti, ha strappato all'uomo convinto di essere padrone del mondo e del tempo la maschera della sua illusoria onnipotenza, per poi fare proprio il messaggio dell'ultima Enciclica di Papa Francesco, individuando in solidarietà e fraternità «principi-guida di un vivere che non deve soccombere ad un virus reso re pur sapendo che questa incoronazione avrebbe messo sull'altare sacrificale la dignità umana».
Due infatti i rischi più grandi: arrogarsi il diritto di giudicare quale vita è indegna di essere vissuta, e che questa crisi non serva a nulla perché se è vero che, quando minacciato, il genere umano unisce le forze, passato il pericolo dimentica rapidamente quanto vissuto.

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