Chiara Lubich, il tv movie in prima serata su RaiUno il 3 gennaio

di Fabio De Santi

Il ritratto di una donna libera, appassionata e coraggiosa. È quello tratteggiato nel tv movie «Chiara Lubich. L’amore vince tutto» ispirato alla fondatrice del Movimento dei Focolari e proposto in prima visione domenica 3 gennaio, alle 21.20, su Rai 1.

Una pellicola che si lega al centenario della nascita della Lubich a Trento, era il 22 gennaio del 1920, qui interpretata da Cristiana Capotondi e affidata alla regia di Giacomo Campiotti. Il film «Chiara Lubich. L’amore vince tutto», presentato ieri mattina, nato da una coproduzione fra Rai Fiction ed Eliseo Multimedia, è prodotto da Luca Barbareschi ed è stato realizzato in collaborazione con Trentino Film Commission e il sostegno dalla Fondazione Museo Storico del Trentino.

Il film racconta Chiara Lubich iniziando dalle prime immagini della pellicola che sono quelle di Trento nel 1943: una città oltraggiata dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale dove Chiara, giovane maestra di scuola elementare, deve interrompere la lezione per condurre i bambini in salvo in un rifugio antiaereo. Là, nel tempo sospeso del bombardamento, ritrova alcuni amici: Ines ed Enrico, prossimi al matrimonio, Natalia e Dori che sognano anche loro una famiglia. Chiara invece vorrebbe solo avere delle risposte ai grandi interrogativi che la attanagliano. Alla fine dell’allarme in una Trento che mostra le sue ferite tra le macerie, Chiara ritrova i genitori e le sorelle mentre il fratello Gino, medico dell’ospedale interpretato da Eugenio Franceschini, è impegnato a curare i tanti feriti.

Qui Chiara vede la tragedia con i suoi occhi e tutto il suo mondo trema. Afflitta dalla devastazione e dal dolore che vede intorno a sé, Chiara cerca disperatamente di dare un senso a quanto sta accadendo. Da quel momento si sviluppa il racconto, incentrato principalmente sui primi momenti della sua opera che ha dato poi vita al Movimento dei Focolari: «Questo tv movie - hanno spiegato gli autori - è la storia di una giovane donna e del suo sogno: realizzare la fratellanza universale. Al centro dei suoi dialoghi di pace spiccano la forza dell’amore e la solidarietà che può costruire ponti tra gli uomini di qualunque razza o fede religiosa». La direttrice di Rai Fiction Maria Pia Ammirati ha sottolineato come questo film dedicato alla Lubich sia la prima grande produzione dell’anno della Rai aggiungendo come si tratti: «Di una storia importante, molto femminile, dedicata a una figura di donna unica, una figura nuova, che con l’incredibile forza della sua volontà e della bontà riesce a far qualcosa di unico, di speciale iniziando la sua opera in un mondo chiuso dentro il dolore della guerra».

Dietro la cinepresa il regista Giacomo Campiotti che ha evidenziato la sua intesa con Cristiana Capotondi: «Insieme abbiamo lavorato verso la semplicità, contro i rischi della retorica, raccontando Chiara che non pontifica mai, ma condivide con gli altri la gioia delle sue scoperte. Una giovane donna allegra, profonda ma leggera, concreta e umile. È stata una bellissima esperienza di condivisione profonda». Campiotti non ha nascosto la sua preoccupazione nel dover raccontare la vita della Lubich: «Credo che la vita di Chiara non abbia nulla di straordinario, pochi di quegli elementi drammatici necessari nella costruzione di un film. C’è il sottile filo di un ideale che attraversa la sua esistenza e la fedeltà, la costanza per metterlo in pratica, e il magnetismo che questo ideale crea nelle altre persone. La sfida era quella di raccontare Chiara senza il bisogno di farne un “santino”. Raccontare la sua vita in modo che potesse arrivare al cuore di tutti. Una donna laica, molto vicina a noi, che non ha fatto nulla di clamoroso, ma giorno dopo giorno, nelle piccole e grandi scelte, ha sempre seguito la via della giustizia, della carità e dell’amore, al servizio degli altre, cercando “semplicemente” di vivere il Vangelo».

Campiotti ha fatto anche tantissimi provini prima di decidere il cast delle ragazze: «Loro sono il cuore del film, era importante che fossero diverse, non omologate, ma anche unite da un sentimento indicibile che lo spettatore fosse in grado di percepire. Un gruppo di ragazze che lasciano le famiglie e vanno a vivere insieme creando grande scandalo».

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