La nuova chiesa di Ponte Arche: un gioiello contemporaneo

di Fiorenzo Degasperi

Se è vero che superando la soglia della chiesa si entra nel Regno Celeste, quindi nel regno della beatitudine, presto i nostri sensi potranno percepire questo importante passaggio tra il profano e il sacro: il 31 gennaio 2021 si inaugurerà a Comano Terme la nuova chiesa intitolata a Maria Ausiliatrice. Nata sulle ceneri della chiesa decanale eretta nel 1930 dall’architetto Giovanni Tiella (Villasanta, 1892-Rovereto,1961) e affrescata da Matteo Tevini (Trento,1872-Torino,1946), il nuovo edificio religioso progettato dall’architetto Sandro Giongo - ne ha mantenuto l’abside precedente con le due monofore - presenta una novità: le vetrate, così come la grande tela che appare dietro l’altare, sono dell’artista trentino Mauro Cappelletti. Sulla scia di quei pittori come Remo Wolf - chiesa di San Pietro, San Lorenzo e San Francesco a Trento -, di Bruno Colorio (San Francesco a Carbonare) e Marco Bertoldi (San Floriano a Lavarone), che in passato prestavano il proprio lavoro e la propria intelligenza alla creazione di scenografie religiose, Cappelletti si è prodigato con calibrata e certosina esperienza per coniugare la sua frequentazione dell’arte astratta con l’obiettivo di “accogliere” il fedele trasmettendogli percettivamente “l’altro mondo”. Ed ecco il risultato: grandi vele che s’intersecano trasformando le pareti in pareti di luce grazie a cristalli colorati e traslucidi. Vetri soffiati provenienti dalla Germania permettono di mutare il chiarore di un raggio di sole in una luce che richiama l’interiorità e la contemplazione. L’artista, vigoroso tracciatore di segni e cromie operante sempre e comunque nel mondo dell’astrazione – e quindi della pura concettualità – è consapevole, con quest’opera, di accostare la vetrata alla santa Scrittura perché le immagini cromatiche trasparenti sono simili alle sacre Scritture nella misura in cui, come queste, mettono la luce divina alla portata della visione umana; senza questo processo di rifrazione la luce accecherebbe gli occhi con il suo splendore. E non è un caso che le monofore – collocate nella vecchia abside, rivolte ad oriente, là dove sorgono il sole e la speranza, là dove è collocato l’Eden – filtrino la luce, oggi come allora, trasformandola da raggio di sole in forma della Bellezza. Scriveva Ulrich Engelbert di Strasburgo, allievo di sant’Alberto Magno: «La causa essenziale delle cose assomiglia alla luce fisica, che è una per natura eppure costituisce la bellezza di tutti i colori, i quali sono tanto più belli quanto più contengono la luce e che sono tanto più brutti e nudi quanto più ne sono privi. […] Perché la luce che forma tutte le cose appare in maniera immediata, e quanto più una forma capta in sé questa luce, tanto più sarà bella e simile alla propria origine». E l’origine della luce, come di tutte le cose, è Dio, come ci ricorda Gregorio Nazianzeno: «In Te l’universo riposa e nello stesso tempo si proietta verso di Te. Perché tutto termina in Te, che sei uno e tutto, pur non essendo nulla di tutto ciò». Mauro Cappelletti ha scelto il blu marino con le sue sfumature celesti chiaro per raffigurare e cantare la bellezza, la chiarezza, la purezza, la gentilezza. Il blu è il colore dello spirito di Verità, simbolo dell’aria, dell’etere, dell’infinito, del soffio Divino o dello Spirito. Non dimentichiamo che questo colore appartiene agli dei fin dai primordi, come ci insegna Zeus - i suoi templi erano dipinti di questo colore - e lo stesso Agni indù, il dio del fuoco, il dio dalle due facce come Giano, prediligeva questo colore assieme al rosso. L’artista si è posto nel grande fiume della tradizione pittorica simbolista innalzando questo colore sui vetri e sulla grande tela che presiede l’altare rispettando l’iconografia che attribuisce una veste blu a Gesù che predica la verità e la saggezza durante i tre anni della sua vita pubblica. Grandi vele, o grandi fiammate, o luce che s’incurva sul nostro piccolo mondo individuale: le forme sono racchiuse da segni che mettono in risalto le sfumature di questo blu trasformando la pura sapienza in materia extraterrena. Come nella migliore tradizione sacra, Mauro Cappelletti ha saputo ridare senso e valore - sulla scia degli artigiani romanici e gotici fino ad approdare a Kandinsky e agli astrattisti contemporanei passando per l’icona ortodossa - al colore simbolo dell’aria, di quell’aria attraverso la quale non passano soltanto effimere tecnologie ma anche le parole dell’amore e della verità, di quell’aria che accompagnò il volo della colomba scesa per diventare spirito di Dio. Ecco perché superare la soglia, ieri come oggi, deve avere il valore profondo di trasformazione del proprio Io in Anima: i colori delle vetrate ci aiutano a toccare con lo sguardo e con i sensi ciò che sta sopra di noi, ciò che è sceso su di noi, rigenerandoci.

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