Noi, la tecnologia e il «virtuale» Massimiano Bucchi e il suo libro sulla «pulsantizzazione dell'emozione»

Il sonnambulismo tecnologico e la pulsantizzazione delle emozioni sono alcuni dei sintomi della scarsa consapevolezza con cui vengono usate le tecnologie secondo Massimiano Bucchi, sociologo della scienza, docente all’Università di Trento, che oggi alle ore 18 al Parco di Levico (Installazione sequoia) presenterà il suo saggio «Io&Tech. Piccoli esercizi di tecnologia» (Bompiani) in un incontro organizzato dalla Biblioteca comunale e dalla Piccola Libreria.

Il libro inizia con una citazione di “Svegliami”, brano dei Cccp, il gruppo di Giovanni Lindo Ferretti: «Cerco le qualità che non rendono. In questa razza umana che adora gli orologi e non conosce il tempo».

«Adorare gli orologi e non conoscere il tempo significa usare la tecnologia in modo inconsapevole - spiega Bucchi - uno dei temi centrali del libro è la contraddizione tra grande familiarità e scarsa consapevolezza. Oggi un bambino di due anni può imparare ad usare uno smartphone più velocemente di me, ma non ha nessuna consapevolezza delle implicazioni per le relazioni sociali e la privacy. Altro paradosso: le notifiche scandiscono le nostre vite, i social e gli algoritmi definiscono l’informazione a cui accediamo anche se nessuno ci insegna a comprendere la tecnologia. La scuola non ne parla o oblitera le questione con il divieto dell’uso del cellulare in classe. Gli stessi media oscillano tra questi due estremi: da una parte si pensa che la tecnologia possa risolvere ogni problema, economico sociale o politico, dall’altro lato viene descritta come la causa di tutti i mali e si indica la panacea nel ritorno al passato. Entrambe le posizioni sono irragionevoli».

La tecnologia dalla sua ha la fascinazione: cos’è che ci attrae e ci fa fare cose che in altri contesti non faremmo?
«Il fascino della tecnologia è a molti livelli. Innanzitutto c’è la seduzione di avere ogni cosa a portata di click. Tutto sembra immediato. Poi c’è la seduzione estetica. Infine credo ci sia un elemento di adozione forzata della tecnologia per non esserne esclusi. Oggi un adolescente non può non usare Instagram. Pensiamo di essere noi a scegliere la tecnologia: molto spesso siamo obbligati a farlo. Usiamo tutti gli stessi sistemi operativi, le stesse email».

In che modo la semplificazione diventa pericolosa?
«Quando interviene l’illusione di poter dare risposte semplici a domande complesse. Un adolescente invece di chiedersi “chi sono io” o “cosa gli altri si aspettano da me”, si domanda: piacerà la mia pettinatura o il posto dove sono stato in vacanza? Assistiamo alla cosiddetta “pulsantizzazione delle emozioni”: delle relazioni sociali complesse e sofisticate vengoni impacchettate in schemi estremamente semplificati, con la gioia di chi fa business con i social. Attenzione: non voglio demonizzare né le tecnologie né le aziende: è chiaro però che c’è stata una sottovalutazione del fenomeno ed una serie di equivoci per cui adesso lentamente ci stiamo svegliando da quello che Langdon Winner definì “sonnambulismo tecnologico”. Ora stiamo scoprendo che poche aziende detengono il controllo dell’informazione e pubblicità: cosa che non avremmo mai accettato vent’anni fa da un soggetto privato che avesse comprato tutti i mezzi d’informazione».

Cosa significa dunque che la tecnologia non è neutrale?
«Questa questione spesso crea un pò di disorientamento. Da sociologo mi riferisco non alla tecnologia in senso astratto, ma in riferimento a dei contesti d’uso. Non stiamo parlando di un coltello che può essere usato per tagliare il pane o la gola a qualcuno. La tecnologia non è uno strumento semplice perché dipende dal contesto. Prendiamo il caso di Airbnb; l’uso di questa tecnologia può essere positivo per chi risparmia qualcosa andando in vacanza. Ma nel lungo periodo interi quartieri di città turistiche sono di fatto ormai inaccessibili alle persone normali o agli studenti essendo gli appartamenti completamente monopolizzati da Airbnb che non vuole nemmeno versare la ritenuta d’acconto allo Stato italiano. In questo senso la tecnologia non ha mai effetti solo positivi o negativi: la più innocente delle tecnologie può produrre effetti preoccupanti perché ci fa accettare delle cose senza conoscerne le vere conseguenze. Se ci avessero detto se volevamo una tecnologia che alla lunga avrebbe impedito a nostro figlio di affittare una casa per studiare a Firenze avremmo usato lo stesso Airbnb? Ma la domanda ci viene presentata come: “vuoi risparmiare sul tuo prossimo viaggio”? Non c’è rosa tecnologica senza spine. Per questo è indispensabile la consapevolezza».

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