Torna il commissario Montalbano È la "prima" senza Camilleri

di Emanuela Castellini

«Vigata non è più un set, non più un luogo immaginario, ma è un posto dell'anima. Come la Sicilia è sempre di più un personaggio tra i personaggi di questa serie», dice Luca Zingaretti . Impegnato quest'anno nella duplice veste di attore e regista del Commissario Montalbano - su Raiuno in prima serata, lunedì 9 e 16 marzo , nei due nuovi film: Salvo amato, Livia mia e La rete di protezione - con una «malinconica dolcezza» perché il grande autore Andrea Camilleri ci ha lasciati. Come non c'è più lo storico regista della serie, Alberto Sironi e l'ideatore della scenografia, Luciano Ricceri che insieme allo stesso Zingaretti hanno ottenuto un successo inarrestabile che, dal 1999, anno di messa in onda del primo episodio, «Il ladro di merendine», è stata venduta in 65 Paesi nel mondo, registrando ascolti record, anche nelle repliche.

La serie, prodotta da Palomar in collaborazione con Rai Fiction, sarà anche nei cinema il 24, 25 e 26 febbraio e l'incasso sarà interamente devoluto in beneficenza. Accanto all'attore-regista romano, ritroviamo i sodali Cesare Bocci, Peppino Mazzotta, Angelo Russo e Sonia Bergamasco. Tutti alle prese, a vario titolo, con le dinamiche di Montalbano che, nel primo episodio si ritrova a indagare sulla morte di un'amica di Livia, la sua eterna fidanzata. Mentre nel secondo dovrà far luce su uno strano caso partito con un attentato alla scuola del figlio di Augello.

«Questo è il primo anno che dolorosamente ci troviamo senza il nostro padre letterario, nonché il mio professore in Accademia, Andrea Camilleri, ma anche senza un altro grande amico, compagno e complice in questi 20 anni: Alberto Sironi con cui abbiamo lavorato e combattuto tante battaglie insieme - continua -, lui ha trasformato l'eccezionale materiale di Camilleri in un caso unico nel panorama mondiale televisivo. Se la serie è così seguita in tutto il mondo una buona dose di merito va proprio a Sironi. Un uomo buono. Credo che la bontà sia oggi un grande valore poco praticato, purtroppo».

Cosa vorrebbe avere di Montalbano che lei non ha?

«Il commissario per essere felice si chiede: "Cosa mi piace". In base alle risposte, agisce. Invece noi andiamo dietro ai bisogni imposti dalla società. Siamo così abituati a seguire le mode che ormai non c'è neppure più il bisogno di chiederci se ciò per cui lavoriamo ci fa sentire bene. Salvo questa domanda se la fa e agisce di conseguenza. Lui vuole rimane nella sua Vigata, non vuole avanzamenti di carriera. Essere così fedeli all'io più profondo, sincero e autentico è una cosa che mi piacerebbe poter perseguire».

Cosa ha messo di suo nella regia?

«Intanto questa è stata un'esperienza bella quanto dolorosa. Durante le riprese non c'è stato giorno nel quale non mi chiedessi cosa avrebbe detto Alberto su una determinata scena. Ma non ho fatto la mia regia: se subentri devi solo cercare di portare avanti uno stile ben delineato. Però, di mio c'è una melanconica dolcezza che è lo spirito con il quali ho fatto questi ultimi due film, nel tentativo di portare in porto un'impresa che si vedrà su Raiuno. E mi piacerebbe che fossimo in tanti a festeggiare gli amici che ci hanno lasciato per sempre, non tanto per gli ascolti che vorrei che andassero bene, ma perché vorrei che li potessimo festeggiare nel modo che loro avrebbero voluto: con gioia e divertimento. Hanno vissuto come volevano e si sono goduti la vita fino in fondo».

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