«La mia musica per l'integrazione» Parla Goran Bregovic, concerto il 18 giugno a Castellano

di Fabio De Santi

L'ultimo disco di Goran Bregovic , «Three Letters from Sarajevo», è un emozionante inno alla pace, alla convivenza e al superamento di ogni conflitto etnico. Un messaggio che il compositore slavo porta avanti da anni e che attraverserà, anche al ritmo trascinante delle fanfare balcaniche, il concerto del 18 giugno a Castellano di Villa Lagarina per il festival Stiff Sound. Al Parco delle Leggende Bregovic presenterà gran parte di «Three Letters from Sarajevo» insieme ai grandi successi e alle memorabili colonne sonore che lo hanno reso celebre.
Bregovic, come ha preso forma «Three Letters from Sarajevo»?
«Qualche anno fa ho scritto un concerto per Orchestra Sinfonica e tre violini, su commissione del Festival di Saint Denis, in Francia. I violini sono suonati secondo le tre tradizioni musicali, quella classica (cristiana), quella Klezmer (ebraica) e quella orientale (musulmana), in forma di tre lettere. Partendo da qui ho composto in seguito altre canzoni che ho trovato perfette per alcuni artisti di estrazione cattolica, ebrea e musulmana che amo molto: la spagnola Bebe, l'israeliano Asaf Avidan e l'algerino Rachid Taha, e li ho invitati a partecipare a questo disco».
La sua Sarajevo è diventata un terribile simbolo di divisione e di odio etnico: si può pensare ad un futuro migliore?
«Sarajevo è sempre stata crocevia tra diverse culture che hanno animato la vita intellettuale e sociale. Questo esisteva prima ed è rimasto tale anche durante la guerra. Un conflitto dove si tendeva a piegare un popolo, non solo prendendo di mira le persone, le cose, ma il loro pensiero. Ma la gente ha deciso di combattere odio e violenza, con la sua grande ricchezza ideale. È grazie a questo che Sarajevo non è morta ed è per questo che ho voluto che le mie "Tre Lettere" arrivassero da lì, nella speranza che portino un messaggio di pace e integrazione».
Le piace la parola compositore per il suo fare musica?
«Certamente. Io mi ritengo un compositore moderno, che scrive musica con una solida struttura che non è noiosa, il che è abbastanza raro oggi. Sia che scriva canzoni semplici che complesse melodie per coro e orchestra, devo sempre divertirmi. Nella nostra tradizione, la musica accompagna con lo stesso fragore sia i matrimoni che i funerali... quindi è sempre una festa» Come sarò il live che porta in Italia?
«In questo tour sono accompagnato dalla mia Orchestra per Matrimoni e Funerali. Suoneremo gran parte delle composizioni "Three Letters from Sarajevo" ma anche diverso materiale tratto dai miei ultimi dischi e la musica che ho composto per il teatro e il cinema».
Cosa la diverte maggiormente, dopo tanti anni di musica, nella dimensione live?
«Credo molto nella musica come strumento di unione e di integrazione; ne sono testimone durante i miei concerti, quando vedo il pubblico che, indipendentemente dalle etnie e religioni, si emoziona e balla all'unisono canzoni d'amore e di guerra. Lo vedo sempre nei miei live, ed è davvero ciò che mi dà più soddisfazione».
Quali progetti ha nel cassetto?
«Continuare a scrivere e comporre la musica è come il sale: tutto ha più sapore quando c'è. È un elemento che riesce a mettere insieme tutti i popoli, perché è un'espressione che viene prima del linguaggio. Unisce gli animi, pur nelle diversità. Noi musicisti non cambieremo il mondo, ma certamente lo aiutiamo a stare meglio».

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