Malika Ayane racconta il suo Marocco nel segno di Oxfam oggi al Trento Film Festival

di Fabio De Santi

Oltre la musica e il suo ruolo di stella del pop italiano Malika Ayane ormai da diversi anni è impegnata nel ruolo di ambasciatrice per Oxfam il movimento globale di persone che lavorano in Italia e in oltre 90 paesi del mondo per combattere la disuguaglianza ed eliminare l'ingiustizia della povertà. In questi panni la Ayane si era recata nel 2013 in Marocco, terra natale del padre, per un viaggio che ripercorrerà nell'incontro "Il Marocco visto dagli occhi di Malika Ayane" previsto per oggi, venerd' 3 maggio alle 17.30 nella sala Anna Proclemer del Teatro Sociale nell'ambito del Trento Film Festival. Un appuntamento tra parole, musica immagini, moderato dallo scrittore Carlo Martinelli, legato alla sezione "Destinazione...Marocco" dedicata al paese nordafricano.

Malika Ayane: sono passati sei anni dal suo viaggio in Marocco cosa le resta di quell'esperienza legata ad Oxfam?

"Quel viaggio mi ha segnata nell'anima come altre che ho potuto fare insieme alle persone che si impegnano con Oxfam. Si trattava della prima volta che mi recavo in Marocco per motivi non strettamente legati alla mia famiglia. Ho visto delle zone che assolutamente non conoscevo e ho scoperto degli aspetti per me nuovi di quel Paese. Mi sono calata in una realtà, come quella della cooperazione , legata all'agricoltura e all'affermazione dell'autonomia femminile attraverso il lavoro. Ho visitato aree mostruosamente povere ed isolate incontrando donne che avevano voglia di sentirsi insieme libere e produttive , non solo nell'agricoltura ma anche nell'artigianato per il quale venivano formate anche dal punto di vista commerciale dai cooperanti".

Cosa l'aveva maggiormente colpita in quell'occasione?

"Mi porto dentro, quasi come un'ossessione, e lo ricordo spesso, gli odori del cibo e la profondità degli sguardi delle persone che ho visto, incontrato e conosciuto. Ricordo sempre che in ogni posto, anche quello più remoto, come accaduto in un villaggio che si chiamava End, una parola davvero onomatopeica ,in cui era arrivato da pochissimo il primo forno, c'era comunque una cucina. Un luogo dove le persone ti accolgono e condividono con te quello che hanno, quel poco che hanno: sembra un cliché del "vai dove non hanno niente e ti daranno tutto" ma credo che in Marocco questo accada davvero magari più che in altri Paesi".

Come vede la società marocchina di oggi anche nel rapporto fra religione e emancipazione femminile?

"Credo che coma accade in molti altre nazioni il problema nasca dalla diversità territoriale. Ho molto cugini nati in città e che quindi hanno accesso a tutte le comodità che danno i grandi centri. Li i cittadini godono anche delle riforme volute dal nuovo re del Marocco molto amato proprio perché attento alle politiche sociali. Molte ragazze della mia generazione e anche più giovani vivono in quel contesto molto serenamente la loro quotidianità e il rapporto con la religione. Nelle campagne la situazione è invece molto diversa e l'auspicio quindi è che anche in quei luoghi lontani dalle città si compiano determinati processi di emancipazione e di sviluppo".

Il suo ruolo di ambasciatrice di Oxfam Italia l'ha vista anche recarsi, nel 2016, in Libano a visitare i campi immensi dove si trovano migliaia di profughi siriani.

"Quella in Libano è stata un'esperienza molto forte per me, difficile anche da descrivere a parole. Visitando quei campi profughi ci si rende conto di come molte persone, se non si fa qualcosa di concreto, siano destinate a nascere e morire in zone di guerra. E' estremante doloroso vedere come anche tanti bambini siano costretti a vivere in questi campi sterminati e in condizioni di miseria e di degrado che associazioni come Oxfam provano ogni giorno a contrastare".

 

Qual è allora il suo messaggio davanti all'indifferenza che spesso attraversa la nostra società per le persone che vivono quelle drammatiche situazioni?

"Penso che in occidente molti siano purtroppo distratti rispetto a quello che accade in certi luoghi del mondo. Credo che la distanza geografica a volte ci impedisca anche solo di poter immaginare certe situazioni così gravi. Per quanto mi riguarda invece ultimamente ho smesso di lamentarmi riguardo a chi non vede incominciando a pensare a chi si impegna concretamente e agisce per rendere le cose ogni giorno migliori. Non possiamo guardare altrove se pensiamo al Libano, con i milioni di rifugiati siriani, allo Yemen, dove è in atto un'altra immane tragedia, o alla Libia per fare degli esempi. Finché riteniamo si tratti di situazioni che non ci riguardano o parliamo solo di emergenze sarà difficile risolvere questi drammi".

La musica la lasciamo in coda ma solo per chiederle quali influenze hanno sulla sua dimensione d'artista le sonorità del Marocco.

"Il mio babbo amava il soul degli anni '70 e mi ha trasmesso questa sua passione ma il Marocco è una terra dove la gente suona in ogni luogo e in ogni momento e il battito di questa musica mi è entrato dentro, fa parte del mio essere. Poi c'è il cielo, quel cielo che pare schiacciarti in certi momenti, ci sono degli spazi aperti di un'immensità tale che è come se tutto diventasse musica e suono. Quei luoghi mi hanno ispirato diverse canzoni e molte ritmiche".

comments powered by Disqus