L'acqua diminuisce, il mondo è in crisi

di Daniele Benfanti

La vita è inscindibile dall’acqua. Il corpo umano è composto per due terzi da acqua (percentuale che sale a oltre l’80% per neonati e embrioni). Gli oceani e i mari coprono oltre il 70% del globo terrestre. Fonte di vita, dunque. L’«oro blu» rischia di essere l’oggetto del contendere delle civiltà del terzo millennio. Già oggi ci sono nel mondo oltre 500 conflitti, dalle guerre alle vertenze internazionali, che ruotano intorno alla risorsa idrica. Ma la consapevolezza è ancora scarsa, nonostante i saltuari gridi d’allarme lanciati a livello mondiale.

Emanuele Bompan, giornalista ambientale e geografo - autore di diversi reportage premiati con riconoscimenti internazionali, firma della Stampa e di diverse riviste specializzate, esperto di comunicazione per Progetto Manifattura, il polo dell’economia green di Borgo Sacco a Rovereto - è autore, insieme a Mariarosa Iannelli, ricercatrice ed esperta di cooperazione internazionale, del volume Water grabbing. Le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo.

Una sorta di atlante geopolitico dell’acqua che viene presentato il 23 aprile a Progetto Manifattura a Rovereto, il giorno della festa mondiale del libro. Il «water grabbing» è letteralmente l’accaparramento delle risorse idriche. Bompan se ne occupa ormai da una decina d’anni, con inchieste giornalistiche, viaggi e approfondimenti promossi dal Ministero degli esteri e da alcune Ong come Oxfam.

Bompan, il quadro internazionale intorno a una risorsa fondamentale come l’acqua è davvero critico?

Non mi piacciono i toni apocalittici o catastrofici. Va detto che le stime delle Nazioni Unite prevedono che nel 2030 quasi la metà della popolazione mondiale vivrà in territori considerati ad elevato stress idrico. Purtroppo ogni risorsa scarsa genera appetiti e conflitti. La guerra in Siria scoppiata nel 2011, tra le concause, ha anche il controllo delle fonti idriche. Le forze militari italiane a Mosul, nel nord dell’Iraq, nella guerra all’Isis, non a caso stanno proteggendo la grande diga sul fiume Tigri.

Quali sono nel mondo le aree geopoliticamente più «calde» proprio in relazione al controllo delle risorse idriche?

I casi più gravi sono in Africa. Nel Corno d’Africa, ma anche nell’Africa Subsahariana, ma non dimentichiamo il Sudafrica. Paese relativamente ricco, ma in cui una scellerata politica energetica (carbone e nucleare) ha portato, nella zona di Città del Capo, a rischiare di restare senz’acqua per i pozzi contaminati da centrali a carbone. Con il paradosso di non avere nemmeno gli impianti per lo sfruttamento dell’energia elettrica prodotta. Anche il conflitto israelo-palestinese ha tra i cinque principali punti negoziali il tema dell’acqua. Con Israele che controlla militarmente le fonti idriche.

Nel libro ripercorrete alcuni casi di crisi idriche che toccano paesi poveri come il Bangladesh, lo Swaziland, paesi dai forti contrasti come il Brasile, la zona del Mekong, ma anche alcuni stati nordamericani, come il Michigan.

Certo. In alcuni stati nordamericani come il Michigan, ma anche il Texas, il North Dakota, la Pennsylvania, c’è il fenomeno del «fracking». Si tratta di una tecnologia di fratturazione idraulica alla ricerca di falde petrolifere e di giacimenti di gas. Si pompano grandi masse d’acqua, insieme a sabbia e reagenti chimici nel sottosuolo argilloso. Ma questa miscela contamina le falde acquifere.

Ci sono soluzioni alle crisi idriche mondiali che abbiano tempi ragionevoli e costi accettabili? 

Serve sicuramente una maggiore infrastrutturazione giuridica, innanzitutto. Il diritto primario all’acqua non è riconosciuto come dovrebbe. Il tema non ha lo spazio mediatico che merita, poi, dato che il giornalismo ambientale non riesce ad emergere con costanza. Dal punto di vista scientifico, le azioni di desalinizzazione dell’acqua marina sono avanzate ma ancora molto energivore e quindi costose. Ridurre lo spreco alimentare significa anche ridurre lo spreco di acqua in agricoltura e per produrre cibo. L’agricoltura assorbe a livello mondiale il 75% dell’acqua disponibile.

In Italia com’è la situazione idrica?

Un inverno nevoso e una primavera piovosa ci hanno fatto dimenticare che nel 2017 eravamo sull’orlo di un’emergenza idrica.
Pensiamo al caso della cattiva gestione del Lago di Bracciano. In Trentino e Lombardia c’è una ottima rete idrica. In Sicilia, Puglia e Basilicata gli acquedotti perdono tra il 40% e il 50% dell’acqua. Abbiamo poi una scarsa fiducia nell’acqua pubblica: in Italia siamo i terzi consumatori al mondo di acqua in bottiglia (dopo Messico e Thailandia). Se negli acquedotti pubblici abbiamo tanto cloro, è non solo per motivi di sicurezza, ma anche per le pressioni delle lobby dell’acqua in bottiglia, che non si disperano certo se l’acqua dal rubinetto ha un sapore poco invitante. Ma bastano dei semplici filtri a carboni attivi?

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