Rodotà e i beni comuni: «lectio» a Madonna di Campiglio
Ai piedi del Brenta, nel cuore del territorio delle Regole di Spinale e Manez, antica Comunità dedita alla gestione di proprietà collettive, Stefano Rodotà, noto giurista e docente universitario, tiene oggi pomeriggio una lectio magistralis sui beni comuni nell’appuntamento del festival Mistero dei monti, dal titolo «Dalle terre alte alle arse pianure: beni comuni verso il terzo millennio» (ore 17.30, Salone Hofer, Madonna di Campiglio).
L’espressione «beni comuni» è diventata improvvisamente popolare dal referendum del 2011 sull’acqua: la forza di 26 milioni di persone che andarono a votare rese la terminologia familiare e usata nelle piazze fisiche e virtuali, definendo di tutto un po’ ma portando nei discorsi quotidiani il tema.
«Un tema del presente che anticipa un problema del futuro», lo definisce un appassionato Rodotà e pure se una definizione teorica e legale è necessaria per regolamentare la materia, si tratta una questione molto concreta: acqua, diritto alla vita, accesso alla conoscenza in rete, diritto ai farmaci, alla salute. E potrebbe continuare l’elenco dei beni comuni in cerca di esprimersi nel pieno delle loro potenzialità di accessibilità e fruibilità per tutti, indisponibili alla logica di mercato e addentro invece a visioni lungimiranti che ne preservino la disponibilità anche per le generazioni future, intrinsecamente funzionali ai diritti fondamentali dell’uomo.
È un tema che affonda le sue radici nel passato – le Regole di Spinale e Manez ma anche la Magnifica Comunità e gli statuti trentini sono fra gli esempi centenari di gestione di beni comuni – ma se un’ispirazione ad allora è dovuta, è al presente e alla modernità che appartiene il dibattito: «Beni comuni non sono né pubblici né privati – spiega il professore – è un concetto diverso che richiede la responsabilità di vigilanza e il ruolo del pubblico ma anche quella dei singoli cittadini e la loro partecipazione alla gestione».
L’Italia dopo la grande mobilitazione del 2011 è un’osservata speciale da parte di tutta Europa, nel senso più positivo del termine, ma il dibattito sta diventando globale: Parigi e Berlino sono ritornati all’acqua pubblica dopo averla privatizzata, in America Latina il tema è di forte attualità, in India le sentenze sui prezzi dei farmaci che ne prevedono un costo accessibile alle persone sottendono un riferimento proprio ai beni comuni come funzionali alla garanzia dei diritti fondamentali dell’uomo.
Al Parlamento italiano c’è una proposta di legge, curata proprio da Stefano Rodotà, che attende di essere discussa, nel frattempo i Comuni si sono mossi autonomamente: a Bologna è stato approvato un regolamento in materia, lavorando con un ente privato, e le basi giuridiche sono già contenute nella Costituzione: «All’articolo 43 – spiega il giurista – la Costituzione prevede la possibilità di affidare oltre che ad enti pubblici anche a comunità di utenti o lavoratori la gestione di servizi essenziali, quindi i padri costituenti furono grandemente lungimiranti e oggi è proprio sugli utenti, sui cittadini, che la gestione dei beni comuni si sta concretando in piccole realtà».
Una questione anche di democrazia partecipativa, quella della gestione di beni comuni ai cittadini: «Nelle realtà di prossimità soprattutto, i Comuni, il dibattito è aperto e assolutamente concreto e le persone che vivono una forte disaffezione verso la politica e le istituzioni nazionali, nell’occuparsi invece di beni più vicini a sé mostrano interesse e volontà di essere coinvolte. Penso passi anche dalla gestione di persona dei cittadini il dibattito e il futuro dei beni comuni».