Salute / La testimonianza

Parla un medico: «Sanità trentina, la qualità del servizio è crollata»

Dall'ospedale Santa Chiara una voce che descrive una situazione molto difficile: «Liste d'attesa che si allungano, sempre più malati che si curano fuori provincia e professionisti che se ne vanno. La carenza di personale è evidente, ma non si fa nulla per bloccare l'emorragia»

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TRENTO. «Lo faccio per la gente, per i cittadini, per i pazienti: è legittimo che sappiano quale è la reale situazione negli ospedali, perché giustamente hanno aspettative molto alte. Purtroppo il momento è davvero difficile e la qualità del servizio è crollata».

A parlare è un medico, che da anni lavora in Trentino, attualmente al S. Chiara. Preferisce l'anonimato, ma la testimonianza è preziosa: lui, curriculum alla mano, è un dottore stimato, di valore e dall'indiscutibile professionalità, come tanti altri, ma che sta pensando di lasciare la nostra provincia.

Dottore, perché vuole raccontarci della situazione della sanità trentina?

Perché è giusto essere chiari e trasparenti, perché voglio avere la coscienza pulita e perché ho enorme rispetto dei cittadini che ci affidano la loro salute.

Dopo due anni di "parentesi Covid" la sanità vive un momento molto delicato.

Giustamente parlate da mesi delle liste d'attesa che si allungano, del crescente il numero di persone che si cura fuori provincia e dei professionisti che se ne vanno. La carenza di personale è evidente, ma non si fa nulla per bloccare l'emorragia. Anzi le soluzioni tampone messe in campo non funzionano.

L'Apss ha puntato su medici in formazione e libero professionisti.

Esatto, e queste non sono risposte adeguate. Vanno bene per riempire con un nome e un cognome una casella vuota nella turnistica, ma il servizio ne risente. E lo stesso vale per infermieri e oss, che sono sempre meno e sempre più demotivati, perché vengono spostati da un reparto all'altro senza adeguata preparazione.

Ma voi avete segnalato le questioni a chi di dovere, ovvero ai vertici di Apss e assessorato?

Come no. Lo facciamo da mesi e, parlando con i colleghi, le segnalazioni arrivano da tantissimi - se non tutti - reparti. Abbiamo riferito di carichi di lavoro eccessivi, di ingiustizie, di episodi spiacevoli, ma non abbiamo avuto risposte.

Soluzioni?

Prima di tutto ci vorrebbe un cambio: nonostante tutto quello che è accaduto negli ultimi anni chi era al comando ci è rimasto.

Pensa anche al caso Sara Pedri?

Anche, ma non solo. Quella vicenda è piuttosto emblematica: purtroppo nulla ci potrà restituire quella dottoressa, a noi in corsia ma soprattutto alla sua famiglia, e siamo in attesa che la giustizia faccia il proprio corso, ma le segnalazioni, anzi le carte sulla scrivania, c'erano già poche settimane dopo la scomparsa. Chi sapeva e non è intervenuto è al proprio posto, o lo ha cambiato ma è sempre al vertice. Io dico questo perché gli atteggiamenti di silenzio e miopia non accadano più.

Tra pochi giorni sarà operativa la riorganizzazione: è la soluzione?

Ma se medici e infermieri se ne vanno dall'attuale ospedale hub come si può pensare che vadano nelle strutture periferiche? Non vedo buone prospettive.

Se ci sono pochi soldati si difende il fortino principale.

Esatto. I pazienti vanno dove i servizi sono di qualità elevata, vogliono risposte ai propri bisogni.

Altro tema: il privato.

La volontà di favorirlo è palese.

Lei resterà qui a offrire il suo servizio ai cittadini?

In tutta sincerità non lo so. Sto pensando, come altri professionisti di valore che lo hanno già fatto prima di me, di andarmene.

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