Restano in cella per anni da innocenti: arriva un maxirisarcimento dallo Stato
Due cittadini nigeriani hanno trascorso rispettivamente quasi mille giorni e 394 giorni in prigione per accuse poi rivelatesi infondate. Riceveranno in tutto 320mila euro
TRENTO. È pari a 320mila euro il conto che lo Stato italiano dovrà pagare a favore due uomini accusati ingiustamente di far parte di un'organizzazione nigeriana che avrebbe assoggettato attraverso riti voodoo giovani donne per poi avviarle alla prostituzione tra Italia e Francia.
Condannati in primo grado e poi assolti in appello, in attesa di essere giudicati i due imputati avevano trascorso in carcere non settimane, ma anni. Ora saranno risarciti.
Oltre 230mila euro spettano a Lawrence Saribo, 47 anni, residente in Alto Adige: l'importo corrisponde a quasi mille giorni di ingiusta detenzione. L'uomo, difeso dall'avvocato Nicola Zilio, si era visto infliggere in primo grado una pena di 12 anni. L'accusa si fondava unicamente sulla deposizione di una ragazza nigeriana, che diede l'avvio alle indagini raccontando di essere stata ripetutamente violentata dall'imputato, mentre in Libia attendeva il gommone per l'Italia.
Si trattava di una delle tante giovani attirate da false promesse e invitate a raggiungere l'Europa; le spese del viaggio erano "anticipate" dagli sfruttatori con la promessa di un rimborso e la minaccia del woodoo. L'indagine, condotta dalla Dda di Trento con il coinvolgimento delle squadre mobili di Trento, Bolzano, Bologna, Viterbo e del Commissariato di Merano, aveva ricostruito la drammatica "tratta" delle donne africane, accompagnate sulle coste libiche e lì lasciate in attesa di attraversare il Mediterraneo a Sabrata o Tripoli - dove subivano violenze e restrizioni di ogni tipo - e, una volta in Italia, messe a disposizione dell'organizzazione.
Lawrence Saribo però è risultato del tutto estraneo alla vicenda: come la difesa ha evidenziato, le dichiarazioni della (unica) ragazza che lo ha messo nei guai sono risultate incompatibili con la versione dei fatti emersa in un'intercettazione. Cinque anni dopo la condanna, la Corte d'assise d'appello di Trento ha infatti stabilito che "il fatto non sussiste" in merito ai reati di riduzione in schiavitù e di violenza sessuale e ha assolto l'imputato "per non aver commesso il fatto" riguardo al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina (inizialmente il reato contestato era di tratta di esseri umani). Saribo, a cui erano stati negati i domiciliari, rimase in carcere per quasi mille giorni. Con l'assoluzione diventata irrevocabile, l'uomo ha deciso di fare causa al Ministero per ingiusta detenzione.
La Corte d'appello, con sentenza depositato giovedì, ha accolto la richiesta e condannato lo Stato a risarcire l'uomo con una somma di poco superiore a 230mila euro, pari a 235,83 euro per ogni giorno trascorso in cella. «Si tratta di un caso eccezionale per Trento. Va ricordato che i criteri per il riconoscimento dell'ingiusta detenzione sono molto restrittivi - sottolinea l'avvocato Nicola Zilio - Non c'è un automatismo che porta al risarcimento dopo l'assoluzione, ma sono necessari motivi particolari per ritenere ingiusta una detenzione. Il mio assistito ha trascorso quasi 3 anni in cella da innocente. Quando ha saputo del riconoscimento del risarcimento ha pianto».
La stessa emozione che ha provato Harrison Atuma, 37 anni, condannato a 3 anni e poi assolto. L'uomo, assistito dall'avvocato Marco Tognoli, ha trascorso 394 giorni nel carcere di Brescia: la Corte d'appello di Trento gli ha riconosciuto 92.913,08 euro per l'ingiusta detenzione. Denaro che il Ministero ha già versato a favore dell'uomo.