La storia

Elisa Sommavilla: volevo spiegare alle mie bambine cosa succede quando si ha un tumore

L'ingegnera fassana, che vive e lavora a Verona, dopo aver scoperto la malattia e aver affrontato le terapie, ha scritto un libro pensando alle proprie tre figlie: Storia di una cellula impazzita è un bel racconto illustrato che aiuta tutti a comprendere che succede quando all'improvviso ci si trova a dover combattere il cancro, in questo caso al seno. «Una storia che spero aiuti le altre mamme, le altre famiglie, le altre donne. Una via parallela per sconfiggere la parte infida del tumore, cioè quella che ti oscura il cuore»

TRENTO - «La Storia di una cellula impazzita è nata per spiegare alle mie bambine cosa succede quando si ha un tumore, ma mi sono resa conto che non è stato solo per quello… Lungo il cammino che mi ha portata a scriverla e a disegnarla ho inserito inconsapevolmente anche altri temi: accettazione per qualcosa che non funziona più come prima e costruzione di una speranza per il futuro».

Sono parole della trentina Elisa Sommavilla, classe 1984, è nata e cresciuta in a Moena, in val di Fassa, che ha dato alle stampe il volume per i tipi della casa editrice veneta Il Prato, collana Arte.

L'autrice di queste pagine, nel 2024 ha scoperto di avere un tumore al seno, per questo decide di scrivere e disegnare un testo a misura di bambino per spiegare che cosa succede nel corpo umano.

«Maddalena - spiega ancora l'autrice descrivendo il breve ma denso e profondo volume - è una cellula all’interno del corpo di Viola che inizia a ripararsi da sola senza controllo. Si ammala, impazzisce e racconta che cosa succede di conseguenza alla sua ospite Viola.

Il libro punta a spiegare ai bambini come si crea il tumore all’interno del corpo umano e illustra poi che percorso si attiva per la persona che si ammala quando le cellule impazzite vengono individuate», racconta ancora Elisa Sommavilla, che ha frequentato Ingegneria edile architettura a Trento e oggi vive e lavora a Verona, con il marito e tre bambine piccole.

Elisa Sommavilla ha sottolineato che la scrittura è stata anche un modo per affrontare il dolore della malattia tramite un progetto, con pagine che offrono anche un messaggio di ottimismo: alla fine la cellula impazzita se ne va, segno della speranza dell'autrice che «un domani i tumori si possano curare come una semplice influenza».

Oltre a scrivere i testi, l’autrice ne ha realizzato i disegni che, nella loro semplicità, hanno una forte capacità di coinvolgere il lettore-bambino (ma anche i genitori) nella storia raccontata. 

Un libro che ha innanzitutto scopo divulgativo e didattico, il ricavato servirà a aiutare l'Andos, l’Associazione nazionale donne operate al seno.

«Un libro che racconta una storia, una storia che è successa a me ma che succede ogni giorno a tantissime altre persone. Una storia che spero aiuti le altre mamme, le altre famiglie, le altre donne. Una via parallela per sconfiggere la parte infida del tumore cioè quella che ti oscura il cuore. Quella che ti fa pensare: “Come faccio adesso a dirlo ai miei bambini"?», ha scritto l'autrice annunciando l'uscita del volumetto.

«Sono stata malissimo. Alla fine dei cicli ero distrutta. Sono partita ad inizio giugno con l’operazione di asportazione e ricostruzione della mammella che si esegue tutto in contemporanea durante lo stesso intervento», racconta Elisa Sommavilla, intervistata dal Corriere del Veneto cui ha spiegato anche le terapie affrontate all’ospedale Fracastoro di San Bonifacio».

«Dall’istologico, poi, - prosegue - è risultato che era un tumore molto aggressivo, di grado 3 su una scala di 4. Sotto al capezzolo c’era un gruppo di noduli: due grandi e altri 7 che si stavano formando tra i due più grandi. Racconto questo perché io mi sono accorta che qualcosa non andava da delle perdite di sangue dal capezzolo. Ed ora vorrei raccomandare a chi si trovasse in condizioni simili, di andare subito a farsi vedere».

E poi spiega la forte necessità  di trovare un modo per raccontare la situazione alle tre figlie: «Con l’aiuto dello psicologo della Breast Unit di San Bonifacio, con mio marito abbiamo deciso di spiegare loro tutto, con parole semplici e comprensibili. E loro hanno capito».

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