Ragazzo condannato a due anni per un bacio e una carezza intima alla fidanzatina
La ragazza aveva poco più di 16 anni all'epoca dei fatti, mentre il giovane ne aveva 18 e mezzo e i due si frequentavano. Lei a un certo punto gli aveva detto «no», da qui l'accusa di violenza sessuale, dopo che la mamma della sedicenne ha denunciato l'episodio ai carabinieri. È scattato così il processo che ora, in secondo grado, ha confermato la prima sentenza (pena sospesa)
TRENTO - L'accusa è pesante: aver abusato di una minorenne, una ragazzina di poco più di sedici anni che all'epoca dei fatti era la sua "fidanzatina". Violenza sessuale che consiste in un bacio sul collo e in una carezza al seno, dopo che lei aveva detto esplicitamente di non voler "andare oltre" in un contesto di intime effusioni.
L'imputato all'epoca del fatti aveva 18 anni e mezzo e, come la difesa ha cercato di evidenziare, non ha agito con dolo, ossia con la volontà di non rispettare la decisione della giovane. Prova ne sarebbe il fatto - incontestato - che i due si sono frequentati anche dopo quell'episodio e che la ragazza, ora maggiorenne, non si è costituita parte civile nel procedimento.
Forse l'imputato non era riuscito a "fermarsi" in tempo, ma questa non è una scusante secondo la legge: in primo grado è arrivata la condanna a due anni, pena sospesa.
La decisione del tribunale collegiale è stata confermata l'altroieri in appello: il giovane, lavoratore incensurato, è stato dichiarato colpevole di violenza sessuale nei confronti della fidanzatina.
A far partire il procedimento è stata la mamma della ragazza. L'episodio risale all'autunno del 2020 e la coppietta si trovava a casa del giovane per un momento di intimità. Nulla di imposto, come è emerso dalla ricostruzione fatta dalla vittima in audizione protetta: c'era stato uno scambio di baci e di carezze.
Non era neppure la prima volta che i due ragazzi stavano insieme da soli, ma in quell'occasione il diciottenne avrebbe voluto qualcosa di più. La fidanzatina ad un certo punto ha detto "no".
Da quel momento, dunque, non c'è stato più il consenso di lei: le successive effusioni - ossia il bacio che il ragazzo le ha dato sul collo e la mano sul seno - sono stati valutati come atti di violenza sessuale, con l'aggravante che la vittima aveva meno di 18 anni. Il giudizio è stato confermato dai giudici dell'appello.
Come accennato, la denuncia è partita dalla mamma della ragazzina, una donna molto religiosa che sostiene che l'unione fra l'uomo e la donna debba avvenire solo dopo il matrimonio. Accogliendo le confidenze della figlia e appreso che la ragazzina avrebbe subìto atti sessuali a cui si era opposta, la donna si era recata dai carabinieri a raccontare l'accaduto.
Ma non l'aveva fatto subito: erano passate alcune settimane dall'episodio e nel frattempo i ragazzi avevano continuato a frequentarsi. Era poi partita la procedura del "codice rosso", con la minorenne che era stata sentita in audizione protetta, mentre il giovane per un periodo ha avuto un divieto di avvicinamento a lei.