Stupefacenti / Dibattito

Blitz antidroga delle forze dell'ordine a scuola, ma i genitori non hanno gradito: «Vi sembra normale?»

Alle Iti e al Tambosi di Trento militari in aula e nei bagni anche con i cani: «Intervento umiliante, lo scopo della scuola è educare e prevenire, serve un altro approccio»

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TRENTO. Polizia, carabinieri, guardia di finanza e polizia locale: oltre quaranta uomini in divisa ed in borghese sono stati impegnati in due giorni di controlli, mercoledì 6 e giovedì 7. Come deciso nell'ambito del Comitato per l'ordine e la sicurezza, le verifiche hanno riguardato i luoghi considerati a maggior rischio microcriminalità e spaccio.

Ma a far discutere sono stati i blitz nelle scuole. Ci sono stati infatti controlli antidroga negli istituti tecnici Iti e Tambosi da parte delle forze dell'ordine, che non sono piaciuti a tutti, come dimostra il disappunto espresso da un gruppo di genitori di alcuni studenti. «Concordiamo con la preside che il problema delle droghe è serio e reale all'interno degli istituti scolastici e che la scuola debba essere un ambiente sicuro in cui sensibilizzare i ragazzi sui rischi legati all'utilizzo di stupefacenti - si legge nella lettera - Ci permettiamo però di dissentire sul fatto che l'ingresso delle forze dell'ordine in aula sia una misura preventiva ed educativa».

Nella mattinata di martedì infatti i carabinieri avevano condotto un'attività mirata nelle due scuole in questione, entrando nelle aule, nei corridoi e nei bagni con i cani antidroga.

La domanda posta dalle mamme e dai papà è, se tutto questo, possa essere definito «un approccio educativo e di riflessione» come invece dichiarato dalla preside Tiziana Rossi.

«Una modalità totalmente inopportuna all'interno di un istituto scolastico nonché emotivamente umiliante per i ragazzi che la subiscono. Delegare la questione alle forze dell'ordine rappresenta una soluzione superficiale e rischiosa: quando la gestione interna del problema viene evitata, la situazione rischia di sfuggire al controllo, portando non solo alla demonizzazione della problematica, ma anche a quella dei presunti responsabili. Gli esiti di questa politica sono potenzialmente rischiosi in termini di dispersione scolastica proprio di quei soggetti che la scuola dovrebbe invece tenere agganciati con le unghie e con i denti».

Il messaggio prosegue: «La scuola deve, prima di ogni altra cosa, essere un ambiente sicuro per i nostri ragazzi, principalmente nei confronti dei soggetti più fragili, e quindi a maggior rischio, che dovrebbero essere agganciati e sostenuti con misure educative e non meramente punitive.

Saremmo felici di sapere che in quest'anno didattico siano previste altre azioni preventive, come ad esempio interventi delle realtà sul nostro territorio che alla prevenzione si dedicano quotidianamente e che sarebbero capaci di proporre percorsi sicuramente più efficaci di quello messo in atto. In nessun modo quanto accaduto è stato oggetto di rielaborazione. Leggiamo questo silenzio come la normalizzazione della presenza delle forze dell'ordine all'interno delle aule scolastiche, fatto che di ordinario non ha nulla».

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