Giustizia / Il caso

Massaggi hot, condannato anche il grafico: un anno e 4 mesi per favoreggiamento della prostituzione

I due gestori stranieri delle strutture – una a Laives e l’altra a Pergine – erano già stati condannati a 5 anni e a 4 anni e sei mesi

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BOLZANO. Si è sempre difeso affermando di aver collaborato solo in quanto tecnico grafico (esperto di siti web) con alcuni cittadini cinesi che gestivano due centri massaggi a Pergine Valsugana e a Laives, di cui era conoscente. Il professionista bolzanino (con il suo avvocato Federico Fava) ha più volte sottolineato di non aver mai incassato un solo centesimo dalla gestione dei due centri benessere, in seguito rivelatisi (a sua insaputa) una sorta di casa d'appuntamento.

Tutte circostanze che avrebbero dovuto risultare favorevoli a indurre il giudice a disporre la piena assoluzione del tecnico informatico altoatesino. Il processo, invece, si è concluso in maniera ben diversa. Oltre ai due cittadini cinesi coinvolti a pieno titolo nella gestione dei due centri benessere a luci rosse (condannati rispettivamente a 5 anni e 4 anni e sei mesi), si è visto condannare con l'accusa di favoreggiamento alla prostituzione anche il grafico a cui sono stati inflitti un anno e 4 mesi di reclusione con i benefici della sospensione condizionale.

Originariamente era stata contestata anche l'associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione delle ragazze cinesi che operavano nei due centri. Nella richiesta di rinvio a giudizio la Procura parlò di «strutture mascherate». Il teorema d'accusa ha poi trovato piena conferma anche in fase dibattimentale. Nel corso del processo è infatti emerso che l'organizzazione avrebbe trattenuto il 60% degli incassi ottenuti dalle ragazze.

Un'attività di cui il tecnico informatico bolzanino non sarebbe mai stato al corrente. Tra il resto l'avvocato difensore Fava ha più volte fatto presente che il contatto professionale con il suo assistito sarebbe stato del tutto casuale in quanto uno dei cittadini cinesi promotori dell'attività illegale era suo vicino di casa operando a titolo di cordialità. Scontato il ricorso in appello.

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