Giustizia / Tar

Fucile addio dopo la perquisizione: revocata anche la licenza di caccia

Il Tar di Trento ha rigettato il ricorso presentata da un uomo al quale il questore aveva revocato sia la licenza di porto di fucile per uso caccia che la Carta europea d'arma da fuoco che di fatto estende a tutto il continente le autorizzazione che sono valide in Italia

TRENTO. Il punto di partenza è che l'ordinamento italiano non riconosce come"diritto assoluto ed incomprimibile" il possesso di un'arma e il suo l'utilizzo. A questo bisogna aggiungere che la licenza di portare armi, presuppone l'affidabilità nell'uso delle stesse, e il requisito della "buona condotta", con la conseguenza che la licenza di porto di fucile può essere rilasciata o mantenuta solo a persona assolutamente esente da "pecche" e che osservi una condotta di vita tesa alla puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell'ordine pubblico, e delle comuni regole di buona convivenza civile.

Questi due punti hanno portato il Tar di Trento a rigettare il ricorso presentata da un uomo al quale il questore aveva revocato sia la licenza di porto di fucile per uso caccia che la Carta europea d'arma da fuoco che di fatto estende a tutto il continente le autorizzazione che sono valide in Italia. Una decisione contro la quale l'uomo aveva presentato, appunto, ricorso al Tar sostenendo che il provvedimento era stato preso in base ad una segnalazione con la quale il comando provinciale di Trento dei Carabinieri ha comunicato alla Questura la perquisizione da lui subita nell'ambito delle indagini svolte nel procedimento penale pendente.

Dunque perquisito e indagato, non imputato. E per un reato (del quale si è dichiarato estraneo anche nel ricorso amministrativo) che «non determina un rischio per l'incolumità dei cittadini, non risultando in alcun modo connesso con un eventuale abuso delle armi». Nel ricorso viene ricordato come la decisione con la quale è stata determinata la revoca del porto d'armi «non tiene conto della personalità e del percorso di vita improntato a estrema correttezza nei comportamenti pubblici e privati del ricorrente».

Ragionamenti che non sono stati seguiti dai giudici del Tar visto che, come anticipato, il ricorso è stato rigettato. «La perdurante qualità di indagato del ricorrente - si legge in sentenza - esclude l'attualità dell'inderogabilmente necessario requisito della buona condotta e dell'affidabilità nel senso prescritto per detenere armi: requisito che il ricorrente potrà nuovamente conseguire soltanto a seguito dell'archiviazione dell'indagine penale avviata nei suoi confronti, ovvero per effetto di una sentenza di assoluzione dal reato per cui si procede».

E infine: «Le esigenze di tutela dell'ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività sottese alla revoca della licenza di porto fucile uso caccia rendono naturalmente recessivo l'interesse personale del possessore di armi a svolgere attività venatoria, e in tal senso non tollerano il dubbio anche minimo in ordine all'affidabilità del possessore di armi».

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